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giurisprudenza

L’avvocato amministratore di sostegno non ha come clienti i parenti del beneficiario (C.N.F., 17 luglio 2013, n. 102)

Nella sentenza in commento viene affrontato il caso di un avvocato sanzionato dal COA di appartenenza con l’avvertimento
1 – per aver omesso, quale amministratore di sostegno, di presentare i rendiconti nei termini disposti dall’autorità giudiziaria
2 – per aver assunto la difesa del beneficiario della misura di protezione nella separazione di quest’ultimo dalla moglie e ciò, dopo pochi mesi dalla cessazione dell’incarico di amministratore di sostegno, procedura quest’ultima durante la quale era venuto a conoscenza o poteva essere venuto a conoscenza di fatti e/o informazioni anche riguardanti la consorte potenzialmente utilizzabili contro la stessa nella causa di separazione, in tal modo violando gli artt. 35, 37 e 51 del codice deontologico.
Viene proposto ricorso da parte del legale davanti al CNF.
Quest’ultimo accoglie il ricorso.
Quanto al primo capo di incolpazione, ritenendo i fatti contestati non rilevanti disciplinarmente. Infatti, afferma il Consiglio, anche se risulta “per tabulas” che il legale ha depositato i rendiconti oltre i termini fissati dal Giudice Tutelare, tuttavia è altrettanto certo che il legale medesimo ha adempiuto correttamente agli incombenti stabiliti dall’Autorità Giudiziaria mediante rendiconti completi, ampi ed approfonditi, tanto che nessuna contestazione è stata mossa allo stesso dal Giudice.
Aggiunge il Consiglio che il termine per il deposito dei rendiconti è perentorio, bensì soltanto ordinatorio e che, nel caso di specie, non appare affatto irrilevante la circostanza dell’impedimento del legale dovuto alla sua condizione di madre acquisita di recente.
Oltretutto, conclude al riguardo il CNF, nessun nocumento è derivato al beneficiario della misura di protezione dal ritardo con il quale l’avvocato ha depositato i rendiconti e, comunque, nessun nocumento è stato lamentato.
Quanto al secondo capo di incolpazione, ritenendo insussistente il fatto così come contestato.
La moglie del beneficiario dell’amministrazione di sostegno non è mai stata cliente del legale, né è stata dallo stesso assistita; il legale ha avuto con la stessa solo rapporti dipendenti dal suo ruolo di amministratore di sostegno.
L’amministratore di sostegno – continua il CNF – non può essere in alcun modo considerato come nominato nell’interesse dei familiari dell’amministrato, dal momento che la “scelta dell’amministratore di sostegno avviene con esclusivo riguardo alla cura e agli interessi della persona del beneficiario” (art. 408 c.c.) e che “nello svolgimento dei suoi compiti l’amministratore di sostegno deve tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario” (art. 410, comma 1, c.c.).
Pertanto i compiti e le funzioni dell’amministratore di sostegno possono essere addirittura configgenti con quelli dei familiari del beneficiario.
Il conferimento dell’incarico è di esclusiva competenza del Giudice Tutelare, l’eventuale suggerimento o accordo dei familiari del beneficiario in merito all’individuazione del destinatario dell’incarico è del tutto irrilevante.
Pertanto la moglie dell’amministrato non può ritenersi essere stata cliente del legale né essere stata da quest’ultimo assistita, con la conseguenza che è del tutto impropria ed infondata la pretesa violazione, da parte del legale, degli artt. 35, 37 e 51 del codice deontologico.
 
a cura di Silvia Ammannati