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giurisprudenza

Sulla responsabilità del magistrato che ritarda nel deposito del provvedimento (Cass., Sez. Un., 27 gennaio 2014, n. 1516)

Nella sentenza in commento la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite respinge il ricorso proposto dal Procuratore Generale della Corte di Cassazione avverso la decisione del Consiglio Superiore della Magistratura di assolvere alcuni magistrati ai quali era stato addebitato di avere, nello svolgimento delle loro funzioni di consiglieri relatori in cause civili pendenti innanzi alla Corte d’Appello, dilazionato la decisione di numerose cause mediante rinvii a distanza anche di 4/7 anni, benché sarebbe stata possibile la definizione in termini più brevi in relazione ai carichi di lavoro, all’adeguatezza dei mezzi disponibili ed alla materia delle controversie, come era dimostrato dal fatto che altri magistrati avevano invece rinviato oltre cento cause (per anno) negli anni immediatamente successivi al 2010.
La Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite respinge il ricorso proposto dal Procuratore Generale affermando che se ogni giudice fissasse per la precisazione delle conclusioni un numero di cause pari al limite delle sentenze che può redigere in un anno non avrebbe poi spazio per poter fissare a breve le cause che presentassero connotati di urgenza. Una certa dilazione della decisione, continua la Suprema Corte, deve essere consentita al fine di rendere possibile che cause oggettivamente più urgenti o più rilevanti di altre siano decise in tempi più brevi.
È evidente tuttavia che deve trattarsi di una dilazione congrua in relazione ai carichi di lavoro ed alla difficoltà dei processi, con la conseguenza che deve essere censurato qualsiasi atteggiamento volto ad aumentare il da farsi in un più lontano futuro al precipuo scopo di alleggerire l’impegno più vicino nel tempo, come tale più probabilmente destinato ad essere adempiuto dalla stessa persona fisica del magistrato che dispone il rinvio.
Quindi, a parte quest’ultima considerazione, la Suprema Corte di Cassazione rigetta il ricorso proposto dal Procuratore Generale ed afferma essere sorretta da motivazione congrua in relazione all’incolpazione, così come formulata, la decisione della Sezione disciplinare, la quale ha ritenuto non esservi elementi, in relazione ai fatti emersi, per dire violato il dovere di laboriosità o per affermare che fosse dovuto a negligenza inescusabile il mancato rispetto dei termini di cui agli art. 81, 82 e 115 disp. att. c.p.c.  
 
a cura di Silvia Ammannati

Allegato:
1516-14