Direttore Responsabile:

Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

giurisprudenza

L’assenza della motivazione della sentenza sulle spese liquidate in maniera difforme dai minimi tariffari è oggetto d’integrazione a norma dell’art. 384 c.p.c. (Cass., Sez. III, 28 gennaio 2014, n. 1761)

La Corte di Cassazione, con la sentenza in epigrafe, si è pronunciata sulla questione sorta a seguito del dissenso espresso dal Giudice di merito, che ha liquidato gli importi delle spese legali in misura inferiore ai minimi tariffari. L'art. 60, comma quarto, r.d. 1578/1933 stabilisce, difatti, che l'autorità giudiziaria deve contenere la liquidazione delle spese entro i limiti del massimo e del minimo stabiliti col decreto ministeriale di fissazione delle tariffe forensi. Il Collegio ha ritenuto applicabile l'art. 384, ultimo comma, cpc – che prevede che “ non sono soggette a cassazione le sentenze erroneamente motivate in diritto, quando il dispositivo sia conforme al diritto; in tal caso la Corte si limita a correggere la motivazione” – anche nell'ipotesi in cui il Giudice di merito non abbia motivato in alcun modo la propria decisione di ridurre le spese di soccombenza rispetto a quelle domandate dal difensore nella propria notula rispettosa dei limiti tariffari. La Corte, a tal riguardo, deduce che – poichè costituisce una tipica valutazione di diritto – laddove si discuta unicamente della corrispondenza tra le spese liquidate in sentenza e le spese liquidabili secondo la legge – l'omessa motivazione da parte del giudice di merito potrà essere surrogata in sede di legittimità alla stregua di qualsiasi altro vizio di motivazione, che sostenga una decisione corretta. Se, dunque, il quantum liquidato a titolo di spese processuali dovesse risultare corretto all'esito dell'accertamento di legittimità, la Corte provvederà ad integrare l'omissione della motivazione operata dal Giudice di prime cure.

a cura di Guendalina Guttadauro