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giurisprudenza

Integra il reato di esercizio abusivo della professione la condotta dell’avvocato che, durante il periodo di sospensione dall’esercizio della professione, intrattiene plurimi colloqui con i propri assistiti detenuti (Cass., Sez. VI Pen., 6 maggio 2014, n. 18745)

Nella pronuncia in commento la Suprema Corte non esprime alcun dubbio nell’annullare la sentenza con la quale il Giudice di prime cure aveva assolto con formula ampiamente liberatoria l’avvocato che, seppur destinatario della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione, aveva intrattenuto plurimi colloqui con i propri assisiti in stato di detenzione.
Nel corso del rito abbreviato, l’imputato aveva precisato che si era avvalso di tale strumento per avvertire dell’intervenuta sospensione e che “i ripetuti incontri dipendevano dalla (sua) disponibilità (..) a sostenere i propri assistiti anche per necessità personali (pratiche amministrative, notizie sui familiari, ecc.)”.
Chiamati a pronunciarsi sulla vicenda, i Giudici di legittimità escludono che possa configurarsi una disparità di trattamento tra avvocati basata solo ed esclusivamente sulla condizione di libertà o detenzione dei propri assistiti, così come invece sostenuto dal Giudice di merito. Viene infatti precisata l’illogicità di suddetto rilievo, affermandosi che “chiunque voglia avere colloqui sul tempo, lo sport o quant’altro con un detenuto è discriminato rispetto a chi voglia intrattenerli con un persona libera di muoversi e di incontrare che le pare”.
Non è dunque lo stato dell’interlocutore a mutare la sostanza della condotta professionale abusiva, tanto che la Suprema Corte, pur ammettendo l’eventuale carattere familiare, affettivo o assistenziale dei colloqui con un detenuto, ritiene che il “loro reiterato e continuativo compimento attraverso lo strumento professionale fornito dall’art. 104 c.p.p., ha creato la pubblica percezione dell’esercizio della professione forense”. Pertanto riconduce siffatta condotta alla fattispecie di cui all’art. 348 c.p., annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio.
 
a cura di Elena Borsotti

Allegato:
18745-2014