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giurisprudenza

La mancata indicazione della data dell’udienza comporta l’inammissibilità dell’appello a norma dell’art. 342 c.p.c. (Cass., Sez. I, 8 settembre 2014, n. 18868)

La Corte di Cassazione, con la sentenza in epigrafe, ha precisato che solamente se l’atto di appello è conforme alle prescrizioni di cui all’art. 342 cpc è idoneo ad impedire la decadenza dall’impugnazione, con conseguente effetto del passaggio in giudicato della sentenza, senza possibilità di sanatoria dell’atto a seguito della costituzione dell’appellato. La costituzione dell’appellato nel giudizio di appello – prosegue la Corte – è idonea a raggiungere uno dei suoi scopi, ossia la costituzione del rapporto giuridico processuale, ma è inidonea ad rimuovere gli effetti che derivano dall’inosservanza della noma testè indicata, attesa l’indisponibilità degli effetti specifici che ne derivano. Ciò detto, La Corte di Cassazione ha osservato che la sanzione dell’inammissibilità dell’appello è una conseguenza di particolari nullità e non è comminata in ipotesi tassative, ma si verifica ogniqualvolta – essendo l’atto è inidoneo al raggiungimento del suo scopo, cioè a dire, nel caso dell’appello, evitare il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado – non opera il meccanismo di sanatoria. Ebbene, Il collegio ha concluso affermando che tale sanzione opera, non solo, nel caso di mancato assolvimento dell’onere di specificazione dei motivi di impugnazione, ma anche con riguardo all’ipotesi di mancata indicazione, nella copia notificata dell’atto di citazione in appello della data dell’udienza di comparizione, poiché tale adempimento è richiesto dall’ art. 342 cpc attraverso il richiamo, in esso contenuto, all’art. 163 cpc.

a cura di Guendalina Guttadauro