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giurisprudenza

Non si può contestare l’esiguità della liquidazione delle spese processuali operata dal giudice di merito se nel giudizio di legittimità non si ripropongono analiticamente le singole voci della nota spese (Cass., Sez. VI, Ord., 19 novembre 2014, n. 24635)

Con l’arresto in rassegna la Suprema Corte affronta la questione dei limiti entro i quali una esigua e/o comunque ritenuta insufficiente liquidazione delle spese di giudizio contenuta nella pronuncia di merito può essere portata all’attenzione dei giudici di legittimità. In particolare, con riguardo alla lamentata esiguità della liquidazione, circa i contenuti di requisito-forma del ricorso, la Corte ricorda che, per costante interpretazione, si debba continuare ad esigere la menzione espressa ed analitica delle voci e degli importi considerati in ordine ai quali il giudice di merito sarebbe incorso in errore, con la precisazione in quella stessa sede testuale delle voci di tabella degli onorari e dei diritti di procuratore (ancora da considerarsi, in relazione alla tariffa applicabile ratione temporis) che si ritengono violate, nonché le singole spese contestate o dedotte come omesse, dovendosi quindi ritenere la mera indicazione del totale spettante non rispettosa di tali principi. Al contrario, effettivamente la menzione in ricorso della formulazione di una specifica richiesta di rimborso delle spese di c.t.p. può dirsi idonea ai fini ricordati: infatti, l'adduzione di una fattura integra quanto meno la prova documentale di un esborso effettivo e, in quanto tale, di una diminuzione patrimoniale realmente patita dalla parte, che dell'opera di quel professionista si è avvalsa nel contesto processuale che l'ha vista poi complessivamente vittoriosa ed è quindi meritevole di rimborso.

a cura di Alessandro Iandelli