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giurisprudenza

L’art. 130 del D.P.R. n.115/2002 sfugge nuovamente alla scure della Consulta (Corte Cost., Ord., 28 novembre 2012, n. 270)

Con la sentenza in parola la Corte Costituzionale si è nuovamente pronunciata sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 130 del D.P.R. n.115/2002, nella parte in cui prevede che, in caso di ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato in controversie in materia civile, i compensi spettanti al difensore sono ridotti alla metà. Nel dichiarare la manifesta infondatezza della questione, sollevata in relazione agli artt. 3, 24, 53, 111 e 117 Cost., la Consulta ha osservato e ribadito che la intrinseca diversità di modelli del processo civile e di quello penale non consente alcuna comparazione fra le discipline ad essi applicabili e che la diversità di disciplina fra la liquidazione degli onorari e dei compensi nel processo civile e nel processo penale trova fondamento nella diversità degli “interessi civili” da un lato e le “situazioni tutelate che sorgono per effetto dell’esercizio dell’azione penale” dall’altro. Non vi sarebbe neppure, ad avviso della Corte, disparità di trattamento tra avvocati, né sarebbe pregiudicato il diritto alla difesa, posto che la ridotta platea di professionisti disposti a difendere in sede civile consta comunque di alcune migliaia; è stato altresì osservato che, laddove l’avvocato offrisse una prestazione professionale meno adeguata in ragione della minore prospettiva di guadagno, tale situazione non sarebbe da considerarsi effetto della norma censurata ma, nel caso, rileverebbe sul piano deontologico. E’ parimenti da escludere un ingiusto arricchimento dell’Erario, posto che la somma che va rifusa allo Stato in caso di soccombenza della controparte dell’ammesso al patrocinio, deve coincidere con quella che lo Stato liquida al difensore del soggetto non abbiente.
 

a cura di Guendalina Carloni