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giurisprudenza

Costituisce ingiuria, punita penalmente, il sostenere essere ”inqualificabile” la condotta di un collega (Cass., Sez. V Pen., 6 novembre 2012, n. 42954)

Un avvocato scrisse al collega che lo aveva preceduto nella difesa, dopo avergli già chiesto invano la consegna di un atto di appello: "siamo certi che saprà prendere atto della propria inqualificabile condotta e, pentendosi, restituire quanto di diritto alla mia assistita, e ciò eviterà serie conseguenze al prosieguo della vostra attività professionale". Quest'ultimo collega denunciava il primo, ritenendo tale affermazione lesiva del proprio onore. Trovava conferma alla sua tesi sia in primo grado (Giudice di Pace) che in appello, ottenendo la condanna dell'imputato. Non mutava la decisione nemmeno a seguito del terzo grado di giudizio. Osserva infatti la Corte di Cassazione, adita dall'imputato, che era stato proprio il primo a comunicare al nuovo legale di avere ricevuto la notifica dell'impugnazione, con ciò dimostrando di non avere intenzione di trattenere alcunché. Vi era inoltre agli atti missiva con la quale il vecchio difensore manifestava il preferire consegnare l'atto di persona anziché spedirlo, avendo proprio quello stesso cliente già lamentato di avere avuto un plico raccomandato non contenente alcunché. Seguivano scambi di corrispondenza e telegrammi dello stesso tenore. La Corte di Cassazione ritiene dunque che non siano in alcun modo giustificate le espressioni usate dall'imputato, in particolare il reputare "inqualificabile" (aggettivo che esprime ex se una valenza denigratoria ed altamente negativa) la condotta della parte civile, a maggior ragione considerando anche le paventate (e dunque ingiustificate) iniziative che avrebbe voluto intraprendere. Ne conseguiva il rigetto del ricorso con pagamento delle spese processuali.

 
a cura di Giacomo Passigli

Allegato:
42954-2012