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giurisprudenza

Ammissione al Patrocinio a spese dello Stato: no al cumulo dei redditi dei coniugi in caso di separazione consensuale (Cass., Sez. II, 29 settembre 2020, n. 20545)

Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato da una signora che si era vista revocare dal Tribunale la sua ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel procedimento di separazione consensuale.

Il D.P.R. n. 115 del 2002, all’art. 76 comma 2 dispone che, se l’interessato convive con il coniuge o altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l’istante, ed al comma 4 prevede che si deve invece considerare il solo reddito dell’istante ”quando sono oggetto della causa diritti della personalità, ovvero nei processi in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi”.

La Suprema Corte, che già aveva affermato l’esistenza del conflitto di interessi tra i coniugi in un caso di separazione giudiziale (Cass. 30068/2017), ha aderito al proprio precedente orientamento (Cass. 20385/2019), confermando l’estensione della suddetta soluzione al procedimento di separazione su base concordata. Ciò in quanto l’accesso al giudizio, che può avvenire concordemente ma anche in via unilaterale, come previsto dall’art. 711, secondo comma c.p.c., non esclude l’esistenza di interessi confliggenti tra le parti.

L’esito della separazione, infatti, non è predefinito neppure in caso di procedimento consensuale: l’accordo delle parti necessita pur sempre dell’omologa del giudice, che potrebbe ritenerlo non rispondente ai principi di ordine pubblico o agli interessi dei figli, ben potendo addivenire ad un assetto di interessi diverso rispetto a quello concordato.

A cura di Costanza Innocenti