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giurisprudenza

Anche con riferimento al giudizio penale, la parte rimasta contumace può chiedere e ha diritto all’indennizzo per l’irragionevole durata del processo (Cass., Sez. VI, 7 luglio 2015, n. 14072)

Il Ministero della giustizia proponeva ricorso per Cassazione avverso un decreto della Corte d’Appello di Roma, con il quale veniva accolta la domanda di un imputato volta a ottenere l’equa riparazione del danno non patrimoniale conseguente alla durata non ragionevole del giudizio penale nel quale egli era rimasto contumace. Secondo il Ministero, trattandosi di processo contumaciale la parte non avrebbe avuto titolo per agire in sede riparatoria. Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione ha dichiarato applicabile anche al procedimento penale il principio stabilito con riferimento al processo civile dalla pronuncia Cass. SS.UU., 14 gennaio 2014, n. 585; secondo la citata giurisprudenza hanno diritto all’indennizzo tutte le parti coinvolte nel procedimento giurisdizionale, ivi compresa la parte rimasta contumace, potendosi tutt’al più valutare l’incidenza della contumacia sulla durata delle attività processuali e dunque sui tempi del processo. La Corte ha precisato infatti che, come nel processo civile, così e a maggior ragione nel processo penale, la contumacia non esprime di per sé sola né insensibilità derivante dalla pendenza processuale, né disinteresse al relativo esito. Essa, infatti, può essere dettata da una precisa e legittima scelta difensiva che non esclude il turbamento psicologico per l’attesa della decisione, essendo l’imputato comunque soggetto alla potestà punitiva dello Stato.

A cura di Leonardo Cammunci