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giurisprudenza

I limiti al patrocinio delle Università Statali da parte degli avvocati del libero foro (Cass., Sez. Un., 20 ottobre 2017, n. 24876)

Una controversia insorta tra alcuni lettori di lingua straniera presso l’Università Cà Foscari di Venezia e la medesima Università, che aveva affidato la propria difesa ad un avvocato del libero foro, ha dato modo alle Sezioni Unite della Cassazione di ricostruire e precisare i limiti e le condizioni alle quali le Università statali possono avvalersi di detti avvocati anziché dell’Avvocatura di Stato nella difesa in giudizio.

La Cassazione ha infatti ricordato che le Università – essendo enti pubblici autonomi e non più organi statali per i quali opera il regime del “patrocinio obbligatorio” dell’Avvocatura di Stato – sono sottoposte al regime del cd. “patrocinio autorizzato”, disciplinato dall’art. 43 del R.D. n. 1611 del 1933, che consente loro di non avvalersi dell’Avvocatura di Stato solo “in casi speciali” e previa adozione di apposita motivata delibera dell’Ateneo da sottoporre agli organi di vigilanza.

Le Università, in altri termini, possono avvalersi di avvocati del libero foro, derogando al patrocinio spettante ex lege all’Avvocatura di Stato, solo nel caso in cui sia data motivata spiegazione delle ragioni di tale scelta e tale decisione sia sottoposta agli organi di vigilanza.

La disciplina del patrocinio degli enti pubblici è finalizzata infatti a razionalizzarne le spese, assicurando la trasparenza e il buon funzionamento della Pubblica amministrazione. Di conseguenza, il solo provvedimento dell’organo amministrativo di un ente pubblico, benché motivato, non è di per sé sufficiente a legittimare la scelta di un avvocato del libero foro, essendo necessario anche un provvedimento autorizzatorio del diverso organo competente per la gestione finanziaria dell’ente stesso.

La sola delibera motivata del Rettore dell’Università, pertanto, non è sufficiente per la validità del mandato conferito all’avvocato del libero foro, giacché a tale scopo occorre anche il vaglio dell’organo di vigilanza competente sull’attività finanziaria dell’Università (che nella specie è il Consiglio di amministrazione).

Nel caso in cui tali presupposti non si verifichino (come accaduto nella fattispecie all’esame della Cassazione, ove mancava la delibera dell’organo di vigilanza), il mandato conferito dall’Università all’avvocato del libero foro è nullo e tale vizio è rilevabile, anche d’ufficio, in qualsiasi grado del giudizio, con la conseguente inammissibilità del ricorso (o del controricorso) per nullità assoluta del mandato che priva il difensore dello jus postulandi.

A cura di Giovanni Taddei Elmi