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giurisprudenza

Il TAR Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 22, comma 2, L. 247/2012 con riguardo alle nuove modalità di iscrizione all’Albo speciale degli avvocati cassazionisti per disparità di trattamento tra gli avvocati italiani e quelli stabiliti (TAR Lazio, Sez. III, Ord., 29 dicembre 2016, n. 12856)

Il TAR del Lazio ha ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 22, comma 2, l. n 247/2012 sollevata dagli avvocati ricorrenti che hanno impugnato il Regolamento del CNF che disciplina le modalità di svolgimento dei corsi per l’iscrizione all’Albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori.

In base a tale norma, che ha modificato il previgente regime di iscrizione all’Albo speciale, per accedere all’Albo dei Cassazionisti occorre adesso non soltanto maturare una anzianità di iscrizione all’albo di otto anni, ma anche frequentare lodevolmente e proficuamente la Scuola superiore dell’avvocatura, cui si accede a seguito di specifica prova di accesso, e superare la relativa verifica finale di idoneità disciplinata dal suddetto Regolamento del CNF.

Secondo il TAR del Lazio, tuttavia, l’art. 22, comma 2, l. n. 247/2012, nel prevedere tale nuovo meccanismo di accesso all’Albo dei cassazionisti sembra porsi in contrasto con il principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 Cost. per disparità di trattamento tra gli avvocati formatisi in Italia e quelli stabiliti.

Per questi ultimi, infatti, l’art. 9 d. lgs. n. 96/2001, di attuazione della Dir. 98/5/CE, subordina l’iscrizione all’Albo speciale dei cassazionisti alla mera dimostrazione “di avere esercitato la professione di avvocato per almeno dodici anni in uno o più degli Stati membri”; agli avvocati stabiliti, cioè, è sufficiente il mero decorso del tempo, senza necessità di frequentare alcun corso né di superare alcuna prova di idoneità, come invece è richiesto dalla nuova disciplina dettata dall’art. 22 l. n. 247/2012 per gli avvocati formatisi in Italia.

Ciò configura una disparità di trattamento che, ad avviso del TAR Lazio, non risponde a ragionevolezza giacché non trova alcuna giustificazione la maggiore onerosità del percorso previsto per gli avvocati formatisi in Italia rispetto a quello delineato per gli avvocati stabiliti.

A cura di Giovanni Taddei Elmi