Direttore Responsabile:

Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

giurisprudenza

In tema di obbligo di traduzione degli atti processuali, ai fini del tipo di invalidità che ne deriva, occorre distinguere i vari atti e le diverse fasi del processo (Cass., Sez. V Pen., 5 aprile 2019, n. 15056)

Nella sentenza in commento la Suprema Corte si trova ad affrontare la questione relativa alla traduzione degli atti processuali ed in particolare di quelli del giudizio di primo grado, del decreto di citazione in appello e della sentenza di appello. Vi è innanzitutto da precisare che l’imputata straniera, rimasta assente fin dal giudizio di primo grado, aveva autonomamente eletto il proprio domicilio in Italia e che in tale verbale veniva altresì dato atto che la stessa conosceva la lingua inglese.

La Corte di Legittimità nell’argomentare l’inammissibilità del ricorso, esamina e distingue ogni singolo caso. In particolare con riferimento agli atti del giudizio di primo grado specifica che la mancata traduzione nella lingua dell’imputata aveva comportato una nullità di ordine generale di tipo intermedio, la cui deducibilità tuttavia è soggetta a precisi termini di decadenza, nullità che al contrario non era stata tempestivamente eccepita dal difensore. Quanto poi alla traduzione della sentenza di primo grado, evidenzia che la legittimazione a sollevare detta eccezione spetta in via esclusiva all’imputato alloglotta e non anche al suo difensore.

Rispetto al decreto di citazione in appello viene invece precisato che tale atto non contiene alcun elemento di accusa, ma solo l’indicazione della data dell’udienza fissata per l’esame del gravame proposto e che, proprio per tale ragione, l’imputata ben avrebbe potuto assumere informazioni dal proprio difensore, presso cui aveva eletto il proprio domicilio. Quanto infine alla sentenza di appello, a seguito della riforma introdotta dalla l.n. 103 del 2017, è stata soppressa la facoltà dell’imputato di presentare personalmente ricorso per cassazione e ciò che la Corte evidenzia è che nel caso di specie il difensore dell’imputata aveva effettivamente presentato tempestivo ricorso per Cassazione senza tuttavia indicare nello stesso alcun pregiudizio conseguente all’omissione della traduzione della sentenza di appello. Il ricorso viene dunque dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed a quello della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

 

 

A cura di Elena Borsotti