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giurisprudenza

L’adempimento dell’incarico professionale impone all’avvocato di assolvere ai doveri di sollecitazione, dissuasione ed informazione del cliente (Cass., Sez. III, Ord., 19 luglio 2019, n. 19520)

L’avvocato penalista non può tacere al proprio Assistito la presenza nei suoi confronti di protesti. Se non lo fa, a suo carico è ravvisabile una colpa professionale. A precisarlo è la Cassazione con l’ordinanza n. 19520/19.

Il Supremo Collegio ha modificato l’esito della sentenza della Corte territoriale, secondo cui l’avvocato, esercente la professione forense in ambito penale, avrebbe dovuto seguire solo la questione penale e non si poteva, quindi, imputargli alcunché per non aver consigliato al soggetto difeso di attivarsi al fine di ottenere la cancellazione dei protesti.

La Cassazione, invece, ha evidenziato che si debba prescindere dal ruolo del legale, in quanto la materia della cancellazione del registro non può essere parametrata alla stregua di una diligenza particolare ascritta agli appartenenti ad un ambito specialistico. Anche qualora questo fosse ritenuto esistente, comunque, la Cassazione ribadisce che: “Nell’adempimento dell’incarico professionale conferitogli, l’obbligo di diligenza da osservare ai sensi del combinato disposto di cui agli articoli 1176, comma 2, e 2236 del Cc impone all’avvocato si assolvere sia all’atto del conferimento del mandato che nel corso dello svolgimento del rapporto, anche ai doveri di sollecitazione, dissuasione e informazione del cliente, essendo tenuto a rappresentare a quest’ultimo tutte le questioni di fatto e di diritto, comunque insorgenti, ostative al raggiungimento del risultato, o comunque produttive del rischio di effetti dannosi, di richiedergli gli elementi necessari in suo possesso; a sconsigliarlo dall’intraprendere o proseguire un giudizio dall’esito probabilmente sfavorevole”.

Nel caso di specie l’avvocato, incaricato di seguire i profili penalistici della vicenda del protesto per tre cambiali, non ha consigliato il cliente sulla necessità di richiederne la cancellazione ai sensi della legge n. 77/1955 e, comunque, non lo ha adeguatamente informato sull’opportunità, se non necessità, di intraprendere iniziative in ambito civile (anche rivolgendosi ad un Collega civilista, nel caso si reputasse inidoneo o non professionalmente capace).

La Cassazione ha così riconosciuto la responsabilità professionale dell’avvocato penalista, rinviando la causa per un nuovo esame alla Corte di Appello in diversa composizione.

A cura di Costanza Innocenti