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giurisprudenza

La circostanza che un procedimento disciplinare si concluda con una revoca della delibera non costituisce di per sé un fatto generatore di responsabilità civile ex art. 2043 c.c. (Cass., Sez III, 29 settembre 2015, n. 19246)

La Corte di Cassazione, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato il ricorso proposto dall’avvocato che aveva richiesto dei danni causati – a suo dire – da due provvedimenti disciplinari, in seguito dichiarati illegittimi ed annullati. Il ricorrente, in particolare, deduceva che non era necessario dimostrare – ai fini della risarcibilità del danno – l’elemento soggettivo della colpa, in quanto per aversi l’ingiustizia del danno, non sarebbe richiesto che il provvedimento sia violatore di norme, bensì che sia emanato in assenza di una causa di giustificazione; in tal senso,  lo stesso ricorrente richiamava quanto già stabilito dalle Sezioni Unite, con sentenza n.15873 del 25.06.2013, cioè a dire che il codice deontologico non ha un carattere normativo, ma, è costituito da un insieme di regole, che gli organi di governo degli avvocati, si sono date per attuare i valori caratterizzanti la professione. La Corte di Cassazione, invece, ha confermato la decisione della Corte Territoriale d’Appello, ritenendo che nella specie mancherebbe il fatto illecito generatore della responsabilità dei consiglieri – che hanno concorso con il loro voto favorevole all’emanazione dei provvedimenti disciplinari – poiché gli Ordini professionali hanno il potere, invece, di emanare norme di deontologia che gli iscritti sono tenuti ad osservare, sotto pena di applicazione di sanzioni disciplinari. Il comportamento degli Ordini non è altro che il mezzo per esercitare il controllo loro demandato, affinchè il comportamento dell’incolpato non sia contrario alla dignità ed al decoro professionale.

A cura di Guendalina Guttadauro