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giurisprudenza

La disposizione di cui all’art. 91, comma primo, secondo periodo, c.p.c., è inapplicabile al processo del lavoro (Corte Cost., 11 dicembre 2020, n. 268)

La sentenza in commento, pur dichiarando le questioni di legittimità costituzionali sollevate dalla Corte d’Appello di Napoli inammissibili e infondate, fornisce un’importante ed innovativa precisazione in materia di processo del lavoro, formulazione di una proposta conciliativa, rifiuto ingiustificato e spese di lite.

Premette la Corte Costituzionale che la regola – di carattere eccezionale – contenuta nella disposizione di cui all’art. 91, primo comma, secondo periodo, cod. proc. civ. trovi applicazione esclusivamente nelle ipotesi in cui la proposta conciliativa ingiustificatamente rifiutata provenga dalla controparte e non dal giudice (Cass., sez. un. civ., n. 21109 del 2017).

Aggiunge poi che la stessa deve ritenersi inapplicabile al giudizio del lavoro.

Evidenzia infatti la Corte Costituzionale che tale disposizione “si risolve in una “sanzione” per la parte che agisce in giudizio ed è quindi di dubbia compatibilità con un processo, come quello del lavoro, che si caratterizza per una serie di norme di favore per il lavoratore, per lo più parte ricorrente, volte a tenere in considerazione la sua strutturale debolezza, anche sotto il profilo economico. Essa, infatti, elevando il rischio della lite per l’attore, e quindi per il lavoratore, parte ricorrente, finirebbe – piuttosto che favorire quest’ultimo – per indurlo a non insistere nel chiedere integralmente quanto dedotto nella domanda a causa del rischio dei costi che sarebbe tenuto a sopportare qualora, accolta parzialmente la domanda, l’esito della controversia fosse meno favorevole (o equivalente) al contenuto della proposta proveniente dall’altra parte”.

Nel caso di specie la proposta conciliativa veniva effettuata dal giudice e pertanto la Corte Costituzionale, avuto riferimento all’art. 91, comma primo, secondo periodo c.p.c., dichiarava la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte di Appello di Napoli, sezione lavoro, inammissibile.

A cura di Silvia Ventura.