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giurisprudenza

La parcella dell’avvocato opinata dal Consiglio dell’Ordine d’appartenenza ha carattere vincolante per il Giudice esclusivamente ai fini della pronunzia dell’ingiunzione (Cass., Sez. II, 11 gennaio 2016, n. 230)

Il caso affrontato nella sentenza in commento è quello di un avvocato che chiede ed ottiene decreto ingiuntivo per il pagamento delle proprie competenze in forza di notula professionale opinata dal Consiglio dell’Ordine di appartenenza.
La società ingiunta propone opposizione, deducendo l’insussistenza del rapporto di mandato.
Si costituisce il professionista contestando la domanda dell’opponente.
Il giudice adito accerta l’esistenza del credito vantato dal legale, riducendone tuttavia l’entità.
Propone appello l’avvocato, deducendo in primo luogo la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere il giudice esorbitato dai limiti della domanda dell’opponente – relativa alla sola inesistenza del conferimento del mandato difensivo in suo favore – verificando, benché non richiesto, la congruità delle somme dal legale pretese.
La Corte d’Appello rigetta l’impugnazione.
Il legale propone ricorso per Cassazione.
La Cassazione rigetta il ricorso così argomentando.
La parcella corredata dal parere espresso dal competente Consiglio dell’Ordine di appartenenza ha valore di prova privilegiata e carattere vincolante per il giudice esclusivamente ai fini della pronuncia dell’ingiunzione.
La stessa parcella liquidata, continua la Corte, costituisce invece semplice dichiarazione unilaterale del professionista nel successivo giudizio in contraddittorio, introdotto dall’ingiunto con l’opposizione ex art. 645 c.p.c., nel quale, attesane la natura di ordinario giudizio di cognizione, il creditore in favore del quale l’ingiunzione è stata emessa assume la veste sostanziale di attore e su di lui incombono i relativi oneri probatori ex art. 2697 c.c., ove vi sia stata contestazione da parte dell’opponente.
Continua la Corte asserendo che non è richiesto che la contestazione mossa dall’opponente sia specifica e che quindi ogni contestazione, anche generica, è idonea e sufficiente ad investire il giudice del potere-dovere di dar corso alla verifica della fondatezza della contestazione e, correlativamente, a far sorgere per il professionista l’onere probatorio in ordine tanto all’attività svolta quanto alla corretta applicazione della pertinente tariffa.
In altri termini, secondo la Suprema Corte, l’eccezione formulata dall’opponente di inesistenza del mandato contiene in sé in modo implicito quella di contestazione anche del quantum del credito vantato dalla parte: quindi il giudice dell’opposizione, che riconosca un credito di ammontare inferiore a quello per cui è stato emesso il decreto ingiuntivo, non emana una pronuncia che va oltre i limiti delle pretese fatte valere dalle parti e quindi non viola l’art. 112 c.p.c.
Concludendo il professionista che agisca per ottenere il soddisfacimento di crediti inerenti ad attività asseritamente prestata a favore del cliente ha l’onere di dimostrare l’an del credito vantato e l’entità delle prestazioni eseguite al fine di consentire la determinazione quantitativa del suo compenso.

A cura di Silvia Ammannati