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giurisprudenza

L’avvocato stabilito che esercita in Italia deve usare il titolo professionale di origine (Cass., Sez. Un., 15 marzo 2016, n. 5073)

Le Sezioni Unite, con la pronuncia in commento, hanno enunciato il principio di diritto ai sensi del quale “l’Avvocato stabilito, che abbia acquisito la qualifica professionale in altro Stato membro dell’Unione Europea, può ottenere la dispensa dalla prova attitudinale di cui al D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 115, art. 8, se – nel rispetto delle condizioni poste dal D.Lgs. 2 febbraio 2001, n. 96, art. 12, di attuazione della direttiva 98/5/CE volta a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale – abbia esercitato in Italia in modo effettivo e regolare la professione con il titolo professionale di origine per almeno tre anni, a decorrere dalla data di iscrizione nella sezione speciale dell’albo degli avvocati. Tale presupposto non è integrato ove l’avvocato stabilito abbia esercitato la professione, seppur in buona fede, con il titolo di avvocato invece che con il titolo professionale di origine”.
In particolare gli ermellini, con riferimento a quest’ultimo aspetto, osservano che anche l’ultima riforma dell’ordinamento forense, avvenuta con la legge n. 247 del 2012 (conformemente a quanto già statuito all’articolo 1 del R.D.L. n. 1578 del 1933), prevede all’articolo 2, comma 3, l’iscrizione ad un Albo circondariale quale condizione essenziale per l’esercizio della professione di avvocato, mentre al successivo comma 7, si precisa che l’uso del titolo di avvocato spetta esclusivamente a chi è iscritto o è stato iscritto ad un albo circondariale o agli avvocati dello Stato.

A cura di Lapo Mariani