La Corte di Cassazione – con la sentenza in epigrafe – afferma che la nuova formulazione del n. 5 dell’art. 360 cpc – che elenca i motivi del ricorso per cassazione – legittima solamente la censura per “ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stata oggetto di discussione tra le parti”, – non essendo, quindi, più consentite censure per il vizio di “insufficiente” o “ contraddittorietà” della motivazione.
Il Collegio precisa che per il motivo di impugnazione, di cui sopra, si intende la pretermissione di quei dati materiali, acquisiti e dibattuti nel processo, aventi una portata idonea a determinare direttamente un diverso esito del giudizio.
Ebbene, i motivi dedotti a fondamento della decisione del CNF impugnata – che ha confermato la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione per mesi otto all’avvocato, per avere richiesto ed incassato dai propri assistiti, a seguito dell’attività prestata a loro favore per la definizione di un sinistro, la somma pari a 25.000,00 euro, senza emettere una regolare fattura e, soprattutto, sottacendo agli stessi, di avere incassato per il medesimo titolo, dall’assicurazione la somma di 6.928,00 euro – sono rispettosi – a detta del Collegio – della nuova formulazione.
Oltre a ciò, la Corte rileva che l’apprezzamento in fatto del Consiglio Nazionale Forense circa l’idoneità di un determinato comportamento, posto in essere da un avvocato, a ledere la dignità professionale della categoria, ove sorretto da una motivazione sufficiente, ha un carattere di esclusività, con la conseguenza della relativa incensurabilità in sede di legittimità.
A cura di Guendalina Guttadauro