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giurisprudenza

Le decisioni emanate dal C.N.F. sono ricorribili per Cassazione solo se prive di motivazione su una questione di fatto (Cass., Sez. Un., 25 febbraio 2016, n. 3734)

La Corte di Cassazione – con la sentenza in epigrafe – afferma che la nuova formulazione del n. 5 dell’art. 360 cpc – che elenca i motivi del ricorso per cassazione – legittima solamente la censura per “ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stata oggetto di discussione tra le parti”, – non essendo, quindi, più consentite censure per il vizio di “insufficiente” o “ contraddittorietà” della motivazione.

Il Collegio precisa che per il motivo di impugnazione, di cui sopra, si intende la pretermissione di quei dati materiali, acquisiti e dibattuti nel processo, aventi una portata idonea a determinare direttamente un diverso esito del giudizio.

Ebbene, i motivi dedotti a fondamento della decisione del CNF impugnata – che ha confermato la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione per mesi otto all’avvocato, per avere richiesto ed incassato dai propri assistiti, a seguito dell’attività prestata a loro favore per la definizione di un sinistro, la somma pari a 25.000,00 euro, senza emettere una regolare fattura e, soprattutto, sottacendo agli stessi, di avere incassato per il medesimo titolo, dall’assicurazione la somma di 6.928,00 euro – sono rispettosi – a detta del Collegio – della nuova formulazione.

Oltre a ciò, la Corte rileva che l’apprezzamento in fatto del Consiglio Nazionale Forense circa l’idoneità di un determinato comportamento, posto in essere da un avvocato, a ledere la dignità professionale della categoria, ove sorretto da una motivazione sufficiente, ha un carattere di esclusività, con la conseguenza della relativa incensurabilità in sede di legittimità.

A cura di Guendalina Guttadauro