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giurisprudenza

Le eccezionali ragioni che giustificano la compensazione delle spese di giudizio non possono ravvisarsi nella grande mole di lavoro gravante sugli uffici amministrativi (Cons. St., Sez. III, 03 ottobre 2019, n. 6660)

Con la sentenza in esame il Consiglio di Stato ha riformato la sentenza di primo grado che, dopo aver dichiarato cessata la materia del contendere in relazione a un ricorso avente a oggetto un’ipotesi di silenzio-inadempimento della Pubblica amministrazione in quanto nel corso del giudizio la stessa Amministrazione aveva adottato il provvedimento richiesto dal ricorrente, ha compensato le spese di giudizio, “nonostante la soccombenza virtuale della resistente amministrazione”, “in ragione della grande mole di lavoro gravante sugli uffici amministrativi competenti, causata dal rilevante numero di richieste in materia”.

Secondo il Consiglio di Stato, infatti, le eccezioni alla regola generale della soccombenza possono ammettersi solo entro gli stretti margini delle “gravi ed eccezionali ragioni”, che devono essere adeguatamente giustificate con riferimento al caso di specie.

Di conseguenza, non può ritenersi sufficiente a giustificare la compensazione delle spese l’affermazione, che si risolve in una mera formula di stile del tutto generica e sganciata da riferimenti specifici e concreti a situazioni contingenti, secondo cui il ritardo dell’Amministrazione nell’adottare il provvedimento richiesto dal ricorrente sarebbe imputabile alla grande mole di lavoro e al rilevante numero di richieste da evadere, giacché si tratta di una formula potenzialmente spendibile in modo indifferenziato per qualunque ipotesi di attività amministrativa e, come tale, sostanzialmente elusiva dell’obbligo di adeguata esternazione della “eccezionalità” e “gravità” dei motivi derogatori, pure pretesa dall’art. 92 c.p.c.. Tanto più che le ragioni alla base della violazione dei termini di conclusione dei procedimenti amministrativi attengono all’organizzazione interna della Pubblica amministrazione e perciò non possono gravare sul privato cittadino, che ha diritto di vedere rispettati i termini fissati dalla legge per la conclusione dei procedimenti.

A cura di Giovanni Taddei Elmi