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giurisprudenza

L’indicazione nell’atto processuale dell’indirizzo pec sulla base del testo dell’art. 125 c.p.c. vigente prima delle modifiche di cui al D.L. 90/2014, conv. con modifiche, dalla L. 114/2014 (Cass., Sez. II, Ord., 30 settembre 2019, n. 24218)

Nell’ordinanza in commento la Suprema Corte di Cassazione afferma che l’indicazione della PEC (in questo caso nella comparsa di costituzione e risposta) non integra, sulla base del testo dell’art. 125 c.p.c. vigente prima delle modifiche di cui al D.L. 90/2014 convertito con modifiche dalla Legge 114/2014 (ed applicabile soltanto agli atti posti in essere successivamente all’entrata in vigore del D.L. stesso), una modifica integrale al regime di cui al R.D. 37/1934, art. 82, comma 2, ove l’indicazione della PEC non sia generale ma limitata alle sole comunicazioni o agli avvisi di cancelleria.
Nel caso di specie ne consegue che l’espressa limitazione, nell’atto processuale, dell’indicazione della PEC agli avvisi ed alle comunicazioni di cancelleria, faceva permanere la domiciliazione per legge presso la cancelleria del giudice adito.
La regola del c.d. “domicilio digitale”, prevista dal D.L. 179/2012, art. 16 sexies, convertito con modifiche dalla Legge 221/2012, come modificato dal D.L. 90/2014, convertito con modifiche dalla Legge 114/2014 (che impone di eseguire le notificazioni e le comunicazioni esclusivamente all’indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell’Ordine di appartenenza), ha immediata efficacia nei giudizi in corso per gli atti compiuti successivamente alla vigenza del D.L. 90/2014 in applicazione del generale principio del “tempus regit actum”.

A cura di Silvia Ammannati