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giurisprudenza

Nel caso d’invalidità o sopravvenuta inefficacia della procura ad litem del difensore, non è ammissibile la condanna del legale alle spese del giudizio (Cass., Sez. VI, 16 giugno 2015, n. 12449)

Un cittadino croato introduceva un giudizio di equa riparazione nei confronti del Ministero della Giustizia a causa dell’irragionevole durata di una controversia iniziata dal proprio dante causa. Di fronte alla Corte d’Appello di Perugia, investita della questione, l’Avvocatura distrettuale contestava la validità della procura conferita al difensore del ricorrente, essendo stata la stessa rilasciata all’estero ma non corredata dell’apostille richiesta dalla Convenzione dell’Aja del 1961 e finalizzata a conferire autenticità al documento. La Corte d’Appello concedeva al ricorrente termine per la regolarizzazione della procura e, a seguito del mancato ottemperamento, rigettava il ricorso e condannava il difensore, in proprio, al pagamento delle spese.

Si proponeva ricorso per Cassazione, lamentando, tra l’altro, la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in quanto la condanna del difensore in proprio sarebbe ammissibile solo in caso di inesistenza della procura e non in caso di mera nullità della stessa. La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso con riferimento a questo punto, precisava che secondo costante giurisprudenza la condanna dell’avvocato in proprio è ammissibile solo nel caso in cui questi agisca senza effettivo conferimento della procura e non nel caso di invalidità o sopravvenuta inefficacia della stessa. Nella prima ipotesi, infatti, l’attività del difensore non riverbera alcun effetto sulla parte e l’avvocato se ne assume l’intera responsabilità – nonché le conseguenze, anche in termini di spese processuali; nel caso di procura invalida o inefficace, invece, l’attività svolta risulta provvisoriamente efficace e la procura è idonea, per quanto nulla, a determinare l’instaurazione di un rapporto processuale con la parte rappresentata.

A cura di Leonardo Cammunci.