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giurisprudenza

Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, in caso di assegnazione, dall’opponente all’opposto, di un termine di comparizione inferiore a 90 giorni, i termini di costituzione dell’opponente si riducono “automaticamente” (Cass., Sez. I, 8 settembre 2016, n. 17763)

Con la sentenza in commento, la Suprema Corte ha avuto modo di precisare che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, nel caso in cui l’opponente assegni alla parte opposta un termine di comparizione inferiore a 90 giorni, i termini di costituzione dell’opponente si riducono “automaticamente”, stante il chiaro dettato dell’art. 2 della L. 29 dicembre 2011, n. 218.

Più precisamente, nell’ambito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il Tribunale adito aveva dichiarato improcedibile l’opposizione per tardività della costituzione dell’opponente in quanto, avendo quest’ultimo assegnato all’opposta un termine di comparizione inferiore a 90 giorni, avrebbe dovuto costituirsi entro termini automaticamente dimidiati. La pronuncia di prime cure veniva impugnata dinanzi la Corte d’Appello territorialmente competente, che tuttavia la confermava ritenendo l’appello infondato.

Veniva, quindi, proposto ricorso in Cassazione, lamentandosi del fatto che la Corte territoriale avrebbe male inteso il significato dell’art. 2 della L. 29 dicembre 2011, n. 218, in quanto – secondo la tesi del ricorrente – tale disposizione normativa comporterebbe la dimidiazione dei termini di comparizione non già automaticamente (in conseguenza dell’assegnazione all’opposto di un termine di comparizione inferiore a quello di legge), bensì soltanto in conseguenza di una consapevole scelta acceleratoria dell’opponente, nella specie mancante.

Tuttavia, la Suprema Corte riteneva infondato tale motivo di gravame, affermando che dalla chiara ed inequivoca formulazione letterale del citato art. 2, non vi è “alcun elemento letterale tale da indurre a credere, come vorrebbe il ricorrente, che il congegno di dimidiazione del termine per la costituzione dell’opponente debba essere ancorato ad una indagine in ordine alla d’altronde non verificabile, e comunque sempre opinabile, intenzione del difensore, che, nel provvedere a fissare con la citazione introduttiva del giudizio di opposizione l’udienza di comparizione davanti al giudice adito, abbia assegnato all’opposto un termine inferiore a quello altrimenti previsto”. Conseguentemente, anche alla luce di precedenti arresti di legittimità, non residuava alcun dubbio sul fatto che da tale norma discendesse la riduzione del termine di costituzione dell’attore in opposizione come conseguenza dell’assegnazione, da parte dell’opponente all’opposto, di un termine di comparizione inferiore a quello di legge.

Del pari infondata ed altresì irrilevante veniva ritenuta la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla parte ricorrente, la quale aveva inoltre sostenuto che, ove si fosse riconnessa la dimidiazione dei termini per la costituzione al fatto oggettivo dell’assegnazione di un termine minore di quello ordinariamente previsto dalla norma, indipendentemente dalla volontà dell’opponente a decreto ingiuntivo, la disposizione così congegnata sarebbe stata incostituzionale per violazione del diritto di azione e di difesa nonchè del principio del giusto processo.

Secondo gli Ermellini, infatti, l’irrilevanza della questione derivava dal fatto che il ricorrente non aveva in alcun modo di aver assegnato in maniera del tutto inconsapevole, come di contro asserito, un termine inferiore rispetto a quello previsto dall’art. 163 c.p.c., comma 1.

Con riferimento, invece, alla infondatezza della medesima questione, la Cassazione riteneva che essendo la dimidiazione degli ordinari termini processuali una libera scelta dell’opponente, quest’ultimo non può dolersi di non aver potuto rispettare un termine che è stato egli stesso ad accettare. Ciò che doveva quindi ritenersi sufficiente ad escludere qualsiasi contrasto sia col diritto di difesa di cui all’articolo 24 Cost., sia col principio di parità dei litiganti sancito dall’art. 111 Cost., e dall’art. 6, della Convenzione Europea sui diritti dell’uomo.

A cura di Cosimo Cappelli