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giurisprudenza

Non sono penalmente rilevanti le offese contenute negli scritti difensivi purchè siano strumentali all’oggetto della controversia (Cass., Sez. V Pen., 7 settembre 2017, n. 40824)

Con la Sentenza in commento, anzitutto, la Corte di Cassazione ricorda che il ricorso per motivi di legittimità può essere presentato anche dall’Avvocato che non sia abilitato al patrocinio davanti alla Corte di Cassazione, qualora egli sia imputato nel processo penale di cui si discute, ai sensi dell’art. 571 c.p.p.

Ciò premesso, la questione era stata portata al vaglio della Suprema Corte a seguito delle sentenze di merito che avevano condannato a titolo di diffamazione una avvocatessa per aver accusato una propria collega, all’interno di uno scritto difensivo reso in un procedimento civile risarcitorio: l’accusa, nello specifico, era quella di aver agito “per motivi abietti”.

Ebbene i giudici di legittimità annullano le sentenze di condanna chiarendo che nella fattispecie ricorrono gli estremi della causa di non punibilità prevista dall’art. 598 c.p.

Difatti, proprio perchè il termine “abietto” è oggettivamente diffamatorio ricorre la causa di non punibilità predetta; altrimenti non sarebbe neppure ipotizzabile il delitto di diffamazione. Tuttavia, quell’addebito oggettivamente diffamatorio diventa non punibile se e nella misura in cui viene pronunciato o scritto davanti all’Autorità giudiziaria, purchè però sia strumentale rispetto alle ragioni che si fanno valere in tale sede.

La Cassazione quindi, richiamando i suoi precedenti, ribadisce che affinchè possa ricorrere la causa di non punibilità in esame “è necessario che le espressioni ingiuriose concernano, in modo diretto ed immediato, l’oggetto della controversia ed abbiano rilevanza funzionale per le argomentazioni poste a sostegno della tesi prospettata o per l’accoglimento della domanda proposta”.

Resta chiaramente salva l’operatività del secondo comma dell’art. 598 c.p.; in questi casi cioè, ferma l’irrilevanza penale della condotta, il giudice pronunciando nella causa può: 1) far avviare un procedimento disciplinare nei confronti di chi ha utilizzato tali espressioni; 2) ordinare la cancellazione in tutto o in parte delle scritture offensive; 3) assegnare alla persona offesa una somma a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale.

A cura di Devis Baldi