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giurisprudenza

Nullo il decreto di irreperibilità se non preceduto anche dalla ricerca sul telefono cellulare utilizzato dall’accusato, la cui utenza sia nota all’Autorità Giudiziaria (Cass. Pen., Sez. V, Sent., 9 dicembre 2020, n. 34993)

Con questa Sentenza la V Sezione della Corte di Cassazione cerca di dirimere un contrasto interpretativo, nato in materia di ricerche da esperire prima che il Giudice penale possa emettere un decreto di irreperibilità.

Infatti, secondo un primo orientamento, non è illegittimo il decreto di irreperibilità preceduto da ricerche svolte senza utilizzare il numero di utenza mobile del destinatario della notifica, che pur sia in possesso dell’autorità competente; ciò perchè, si ritiene, l’utenza cellulare è priva di qualsiasi collegamento certo ad una persona o ad un luogo. Di talchè, nessuna negligente omissione può ravvisarsi nel comportamento degli organi delegati alla ricerca nel non prendere contatto con un’utenza mobile indicata in atti come utilizzata dall’imputato.

Ad avviso di un secondo e diverso orientamento, invece, è illegittimo il decreto di irreperibilità preceduto da ricerche svolte senza utilizzazione del numero di utenza mobile del destinatario della notifica che sia in possesso dell’autorità competente; tale omissione, si dice, violerebbe il principio di effettività della ricerca, sotteso alle previsioni contenute nell’art. 159 c.p.p. Pertanto, seguendo tale interpretazione della norma, si afferma che “qualora l’autorità procedente sia in possesso del suo numero cellulare e non lo utilizzi nelle ricerche, incorre in una negligente omissione che si traduce nella incompletezza dell’attività di ricerca, inficiando il successivo decreto di irreperibilità ed ogni atto processuale ad esso connesso”.

La questione era stata rimessa alle Sezioni Unite per essere risolta; tuttavia il Primo Presidente Aggiunto restituiva gli atti alla V Sezione ritenendo che il contrasto potesse ormai ritenersi in via di superamento valorizzando il principio di effettività delle ricerche.

Orbene, la V Sezione anzitutto evidenzia che la divergenza interpretativa rilevata si concentra sul nomos dei riflessi ermeneutici dell’avverbio “particolarmente” che, nel contesto della proposizione, è adoperato nell’accezione di “in modo particolare”, “specialmente”, e sul logos dell’intensità del collegamento certo ad una persona o ad un luogo dell’utenza cellulare, soprattutto nell’attuale realtà sociale.

La Corte dunque, risaltando la ratio dell’art. 159 c.p.p., condivide il secondo orientamento richiamato, in quanto l’avverbio “particolarmente” – alla stregua di una interpretazione costituzionalmente orientata che valorizzi il principio di effettività delle ricerche e la conoscenza del processo da parte dell’imputato – indica che a quei luoghi specificamente menzionati dalla norma deve essere accordata preferenza, ma non che ad essi solo debba essere circoscritta la ricerca del destinatario della notifica, rimanendo salva la possibilità di estenderla altrove e con altri mezzi.

Viene dunque affermato il seguente principio di diritto: “qualora l’autorità procedente sia in possesso del numero cellulare dell’accusato e non lo utilizzi nelle ricerche, incorre in una negligente omissione che si traduce nella incompletezza dell’attività di ricerca, inficiando il successivo decreto di irreperibilità ed ogni atto processuale ad esso connesso”.

Per gli effetti, il mancato utilizzo di tale canale di ricerca rende la stessa incompleta con la conseguente nullità – assoluta, insanabile, e rilevabile in ogni stato e grado del giudizio – del decreto di irreperibilità emesso senza fare ricorso a tale modalità di rintraccio.

A cura di Devis Baldi