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giurisprudenza

Risponde di patrocinio infedele l’avvocato che non prova di aver citato i propri testi poiché il suo comportamento non permette di sostenere le ragioni del cliente e perorare la causa a suo favore (Cass., Sez. VI Pen., 4 luglio 2016, n. 27394)

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per patrocinio infedele di un avvocato per omessa partecipazione alle udienze e per non aver fornito la prova di aver citato i propri testi.Nel caso di specie, un avvocato aveva promosso una causa civile di lavoro nell’interesse del proprio assistito partecipando solamente alla prima udienza; per l’udienza successiva, nel corso della quale sarebbero dovuti essere escussi i testi indicati dal cliente ricorrente, tuttavia, aveva inviato un sostituto processuale cui non aveva consegnato la citazione dei testimoni richiesti con conseguente provvedimento di decadenza; infine, non aveva partecipato neppure alle successive udienze, ivi compresa quella di discussione con conseguente sentenza sfavorevole per il cliente.La Suprema Corte ha ravvisato dunque un comportamento penalmente rilevante ritenendo ininfluente la circostanza che in sede disciplinare l’avvocato fosse stato assolto perché la sentenza sfavorevole al cliente poteva essere appellata e perché l’ordinanza con cui era stata pronunciata la decadenza dalla prova testimoniale poteva essere revocata.La corte, infatti, evidenzia che il reato di patrocinio infedele si perfeziona nel momento in cui si verifica il danno per il cliente, danno consistente nella perdita della possibilità per la parte di far valere le proprie ragioni; nel caso di specie, quindi, il danno si era verificato all’udienza in cui i testi sarebbero dovuti essere presenti per essere escussi e la cui audizione si è resa impossibile per l’avvenuta decadenza.

A cura di Fabio Marongiu

Allegato:
27394-2016