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giurisprudenza

Se il servizio di corrispondenza è svolto da un’impresa privata, la data del timbro apposto sul plico non è ‘certa’ (Cass., Sez. I, 22 dicembre 2016, n. 26778)

Il Tribunale di Catania respinge l’opposizione allo stato passivo fallimentare di una società, sostenendo che tutta la documentazione prodotta dal creditore/fideiussore è priva di data certa anteriore al fallimento. Nello specifico non viene considerata “certa” la data del timbro apposto dal gestore di un servizio di posta privata su alcune lettere scambiate tra il garantito e il fideiussore, il quale ricorre in Cassazione avverso il decreto del Tribunale. La Suprema Corte ribadisce l’orientamento in base al quale se la scrittura privata non autenticata forma un unico corpo con il foglio sul quale è apposto un timbro postale, la data risultante deve effettivamente considerarsi “certa”. Tuttavia precisa che ciò vale soltanto per il “fornitore del servizio universale”, cioè l’organismo che fornisce l’intero servizio postale su tutto il territorio nazionale (oggi Poste Italiane spa), i cui addetti sono considerati, in relazione alle mansioni, pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio. A seguito della liberalizzazione dei servizi postali, realizzata con il D.lgs. 261/1999, le imprese private che, su licenza dell’ Amministrazione, svolgono tali servizi, lo fanno in qualità di soggetti privati, i cui dipendenti non sono muniti di poteri pubblicistici di certificazione; pertanto i timbri da loro apposti sui plichi ricevuti dai mittenti non valgono a rendere “certa” la data nei confronti dei terzi ex art. 2704 c.c.. Il ricorso viene conseguentemente respinto.

A cura di Francesco Achille Rossi