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giurisprudenza

Sulla sanzione disciplinare per l’avvocato che chiede al cliente un compenso aggiuntivo per la causa vinta (Cass., Sez. Un. 19 ottobre, n. 21585)

Con la sentenza in commento le Sezioni Unite della Corte di Cassazioni hanno stabilito il principio secondo il quale è illegittimo l’aumento del compenso richiesto in virtù del patto di quota lite, se sproporzionato rispetto all’impegno del professionista ovvero al risultato positivo della controversia.
L’addebito contestato al ricorrente concerneva la violazione dell’art. 45 del Codice Deontologico Forense, per aver pattuito con il proprio assistito in aggiunta al compenso previsto, un supplemento di compenso per un verso non contenuto in limiti ragionevoli e, per altro verso non giustificato dal risultato conseguito, in riferimento alla domanda introduttiva.
Investita della decisione la S.C. in adunanza plenaria ha stabilito che il compenso in questione è un compenso aggiuntivo per l’esito favorevole della causa di risarcimento danni, compenso che non deve essere tale da rappresentare una ingiustificata richiesta, a favore del difensore, dei vantaggi economici derivanti dalla vittoria della lite, poichè ciò si pone in palese violazione del divieto del patto di quota lite (secondo la previgente formulazione dell'art. 45 del Codice Deontologico Forense, abolito nel 2006 dal decreto Bersani (n. 223), ma applicabile nel caso ratione temporis).
La rilevanza economica, del compenso pattuito in relazione al valore della lite è stata ritenuta, con congrua motivazione, come evocativa di un divieto di “patto di quota lite” e a valutazione del collegio è insindacabile in sede dì legittimità.

A cura di Elisa Martorana