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giurisprudenza

Sull’esito della notifica a mezzo pec, fatta ad una casella piena (Cass., Sez. VI, Ord., 23 Gennaio 2020, n. 2755)

La Corte di Cassazione affronta con ordinanza interlocutoria che, quindi, non si pronuncia sul ricorso, ad affrontare il tema della notifica a mezzo pec effettuata su casella “piena”.
La vicenda trae origine dalla mancata notifica fatta al difensore della parte, del ricorso, che, sebbene accettato dal sistema, non giungeva a destinazione a causa della casella piena.
La Corte chiarisce che una notificazione è validamente effettuata all’indirizzo pec del difensore di fiducia, quale risultante dal Reginde, peraltro, indipendentemente dalla sua indicazione in atti.
In caso però che “la notificazione non vada a buon fine per una ragione non imputabile al notificante, potrebbe ritenersi, da un lato, che questi abbia la facoltà e l’onere, anche alla luce del principio di ragionevole durata del processo, di riprendere idoneamente il procedimento notificatorio in un tempo adeguatamente contenuto”.
In tal senso parrebbe permanere quindi comunque in capo alla parte notificante un onere di rinnovo della notifica.
Per contro, è altresì onere del titolare dell’account di posta elettronica certificata assicurarsi del corretto funzionamento della propria casella postale sicché nel caso di notifica telematica rifiutata per casella troppo piena dovrebbe dirsi comunque validamente effettuata.
La corte però approfondisce e sottolinea come il d.m. che impone al difensore di provvedere al controllo periodico della propria casella di posta abbia natura secondaria nell’ordine gerarchico delle fonti legislative, con la conclusione che la notifica non potrebbe automaticamente dirsi perfezionata sulla base dell’accettazione e successivo rigetto per casella piena.
In ultimo, quale terza via, la Corte ammette anche l’ipotesi residuale che in presenza di tale notifica rifiutata, possa ordinarsi il rinnovo della stessa, sempre nel rispetto del principio di ragionevole durata del processo.

Le considerazioni svolte dalla suprema corte risultano tutte alternativamente valide.

A cura di Simone Pesucci