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Susanna Della Felice

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Lapo Mariani

parere

Avvocato. Assunzione di un incarico contro una parte già assistita oltre il termine di un biennio.

È stato richiesto al Consiglio un parere  circa la possibilità da parte di un avvocato di assumere un incarico (recupero credito) contro una società dalla quale non ha più incarichi da quasi quattro anni.  In particolare, viene richiesto

se sia ostativo all’assunzione dell’incarico il fatto che uno degli associati dello stesso  studio abbia avuto un incarico (ovviamente non collegato) fino ad un anno prima.

L’art. 68 del Codice Deontologico Forense consente all’avvocato di assumere incarichi contro ex clienti, ma a due precise condizioni. La prima  che sia trascorso almeno un biennio dalla fine dell’ultimo incarico e la seconda che il nuovo incarico non abbia connessioni e collegamenti con i precedenti.

Si discute (e questo è l’oggetto del parere) se a questi due requisiti debba o meno aggiungersi anche quello ulteriore che sia trascorso almeno un biennio dall’ultimazione dell’incarico che l’ex cliente aveva conferito a un socio, associato o collega di studio. Requisito quest’ultimo espressamente previsto per il conflitto di interessi ex art. 24, V comma, del Codice Deontologico Forense.

Bisogna precisare che sul punto ci sono pareri contrastanti e che sono state correttamente evidenziate nella letteratura forense le ragioni che militano a favore di entrambe le soluzioni.

A sostegno della tesi più restrittiva (il biennio che si estende anche ai soci, agli associati o ai colleghi di studio) si trovano una serie di  argomenti. In primo luogo è stato osservato che il motivo per cui l’art. 68 non estenda espressamente il biennio anche ai soci associati e ai colleghi di studio si potrebbe spiegare con la portata generale del principio espresso dall’art. 24 che ne renderebbe superfluo il richiamo. Sempre a sostegno della tesi più restrittiva, viene sottolineata la diversa collocazione delle due norme all’interno del Codice Deontologico Forense che avrebbe una rilevanza solo formale e non sostanziale. In tal senso,  il quinto comma finirebbe poi per avere una portata generale applicabile anche all’art. 68 che sarebbe solamente una specificazione del divieto del conflitto di interessi. In altri termini, le due norme avrebbero in pratica la stessa ratio, rappresentata dalla necessità di tutela assoluta delle informazioni ricevute anche dal socio, associato e collega di studio.

A sostegno, invece, della tesi più estensiva (il biennio vale solo per l’avvocato e non si estende anche ai soci, agli associati o ai colleghi di studio i quali, alla data di assunzione dell’incarico, basta che non abbiano più incarichi in corso con l’ex cliente anche se conclusi da meno di due anni) viene speso come argomento a favore la circostanza che l’art. 68 sarebbe una norma di divieto che, quindi, necessiterebbe di un’interpretazione tassativa che valorizzasse, all’interno della norma suddetta, l’assenza di un obbligo similare a quello dell’art. 24, V comma. Nella medesima direzione viene osservato che l’art. 24 sia collocato nel Titolo II “Rapporti con il cliente e la parte assistita”, mentre l’art. 68 sia collocato all’interno del Titolo V “Rapporti con terzi e controparti”. Da ciò si potrebbe desumere la diversa funzione delle due norme, con la prima che avrebbe una finalità di tutelare specificamente la parte attualmente assistita, mentre la seconda andrebbe inquadrata nell’ambito della tutela dell’ex cliente. Infine, sempre in un’ottica estensiva, è stato rilevato che la norma sul conflitto di interessi non potrebbe esorbitare dal relativo titolo, trovando invece la fattispecie degli incarichi contro ex clienti la regolamentazione completa ed esaustiva all’interno dell’art. 68.

A detta del Consiglio, pur dando atto della sostenibilità e della fondatezza delle entrambe tesi, si ritiene che tra le due teoria sia preferibile quella più estensiva (il biennio vale solo per l’avvocato e non si estende anche ai soci, agli associati o ai colleghi di studio i quali, alla data di assunzione dell’incarico, basta che non abbiano più incarichi in corso con l’ex cliente anche se conclusi da meno di due anni).

Ciò non solo per gli argomenti sopra indicati ma anche perché, con la nuova formulazione del Codice Deontologico Forense, che ha tipizzato gli illeciti, ciò che non è vietato deve essere ritenuto consentito e quindi, non essendo questo obbligo stato previsto dall’art. 68 e regolando la norma interamente la fattispecie, è illegittimo imporre oneri maggiori di quelli espressamente previsti dalla norma medesima.