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parere

Avvocato cancellato dall’Albo per assunzione in azienda privata. Possibilità o meno di spendere il titolo nelle comunicazioni extragiudiziali

E’ stato chiesto se un avvocato una volta cancellatosi dall’Albo degli Avvocati per essere stato assunto come dipendente da un’azienda privata, ferma restando l’impossibilità di esercitare la professione forense e, quindi, di essere titolare di procure ad lites possa legittimamente spendere il titolo belle comunicazioni extragiudiziali (ad es. la firma in calce alla corrispondenza, pareristica, oltre che l’indicazione del titolo nei biglietti da visita, carta intestata).
Il Consiglio dell’Ordine, ha affermato che è indubbio che il soggetto che abbia legittimamente acquisito il diritto di fregiarsi del titolo di avvocato per avere superato l’esame di abilitazione alla professione e per essere stato iscritto nel relativo Albo professionale, può continuare a utilizzare tale titolo anche dopo la sua cancellazione da detto Albo, fermo restando che dopo detta cancellazione gli sarà inibito l’esercizio della professione forense.
Né, ad avviso di questo Consiglio, sussistono questioni qualora l’avvocato cancellato dall’Albo professionale si fregi del titolo per sottoscrivere corrispondenza e/o pareristica nell’ambito della sua nuova attività quale lavoratore dipendente, se e nella misura in cui dette prestazioni vengano da lui effettuate a favore dell’azienda sua datrice di lavoro, in quanto l’attività di consulenza stragiudiziale costituisce un’attività relativamente libera, non rientrante tra gli atti tipici riservati agli avvocati iscritti nell’Albo professionale.
Qualora, invece, l’avvocato non più iscritto all’Albo si fregi del titolo per effettuare un’attività di consulenza stragiudiziale di natura professionale a favore di terzi, la spendita di detto titolo, se pur astrattamente consentita, in una simile eventualità potrebbe configurarsi illecita, per lo meno sotto il profilo civilistico, risultando collegata ad un’attività propria di quella forense e/o, comunque, a questa connessa; ciò in quanto la spendita del titolo di avvocato nell’esercizio di un attività di tale natura comporterebbe il concreto rischio di indurre i terzi in inganno e/o in errore, ingenerando negli stessi il ragionevole (ma errato) affidamento di intrattenere un rapporto professionale con un avvocato regolarmente iscritto all’Albo, come tale assoggettato agli obblighi, posti anche a tutela, appunto, dei terzi, riconducibili all’iscrizione stessa, tra i quali assumono particolare rilevanza quelli relativi alla formazione, alla competenza e, più in generale, all’osservanza di un comportamento deontologicamente corretto nei confronti dei clienti e dei terzi.
Conseguentemente, in una simile eventualità, onde non incorrere in responsabilità, dovrebbe, comunque, essere adeguatamente evidenziato che colui che si fregia del titolo di avvocato non è iscritto nel relativo Albo professionale.