E’ stato chiesto parere in ordine alla legittimità del comportamento di un avvocato che fornisca ad un collega copie di "atti civili" di un procedimento pendente contro soggetto che è controparte del cliente del secondo avvocato.
Il Consiglio dell’Ordine esprime il proprio parere nel senso che la consegna, o la comunicazione, al collega che lo richieda di dati anche documentali relativi al proprio cliente o a terzi, siano contrarie ai principi deontologici in materia di riservatezza e di protezione dei dati personali; e ciò per i seguenti motivi.
A prescindere dall'ipotesi che gli atti civili ai quali si fa riferimento siano atti pubblici come le sentenze, nel qual caso la loro disponibilità sarebbe libera, negli altri casi l'avvocato, difensore di una parte, può trovarsi in possesso di determinati documenti provenienti dal proprio cliente anche concernenti soggetti diversi (come la controparte), per i quali vale il dovere di segretezza e riservatezza previsto dall’art. 9 del vigente codice deontologico. Per il trattamento in giudizio di tali dati e documenti e nell’ambito del mandato ricevuto, si presume che il cliente abbia prestato il consenso ex articolo 23 decreto legislativo n.196/2003, pur se dati giudiziari (di cui all'articolo 27), in quanto necessari, o anche semplicemente utili, a far valere in giudizio un diritto del cliente (in ultimo, Cassazione civile, sez. lav., 05/08/2010, n. 18279), in quanto in un'ottica di bilanciamento dei diversi interessi, alla riservatezza ma anche alla tutela giudiziale dei diritti, si deve attribuire prevalenza a questo ultimo.
Ma se tale principio vale per l'avvocato che fa valere in giudizio i diritti del proprio cliente, è del tutto diversa la situazione che si verifica quando i dati anche documentali fossero consegnati dall’avvocato a soggetto estraneo al rapporto d'opera professionale (in questo caso, il cliente di un collega), poiché in tal caso il soggetto che si trova nella condizione di controparte comune ai due avvocati, verrebbe ad essere danneggiato dalla diffusione di dati da parte di un avvocato nell'interesse di soggetto diverso dal proprio cliente.
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