Direttore Responsabile:

Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

parere

Avvocato: incompatibile con la professione di avvocato l’esecuzione di un contratto d’appalto, anche in maniera occasionale, poiché integra i requisiti dell’attività di impresa commerciale.

Viene richiesto a questo Consiglio se sia compatibile con la professione di avvocato l’ esecuzione di un contratto di appalto con affidamento dei lavori ad un subappaltatore ed apertura di partita IVA per tale attività. Nel caso sia compatibile, se sia possibile ottenere la sospensione dall’esercizio della professione di avvocato per un periodo di tempo limitato e coincidente con l’esecuzione dell’appalto.

1. Norme rilevanti.

Sono norme rilevanti ai fini della risposta al quesito l’art. 6 “Dovere di evitare incompatibilità” del Codice deontologico forense (C.d.F.) e, soprattutto, l’art. 18 “Incompatibilità” della L. 31.12.12 n. 247 (Ordinamento forense).

Stabilisce l’art. 18 della L. 31.12.12 n. 247 che:

1. La professione di avvocato è incompatibile:

a) con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente, escluse quelle di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale, e con l’esercizio dell’attività di notaio. È consentita l’iscrizione nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nell’elenco dei pubblicisti e nel registro dei revisori contabili o nell’albo dei consulenti del lavoro;

b) con l’esercizio di qualsiasi attività di impresa commerciale svolta in nome proprio o in nome o per conto altrui. È fatta salva la possibilità di assumere incarichi di gestione e vigilanza nelle procedure concorsuali o in altre procedure relative a crisi di impresa;

c) con la qualità di socio illimitatamente responsabile o di amministratore di società di persone, aventi quale finalità l’esercizio di attività di impresa commerciale, in qualunque forma costituite, nonché con la qualità di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, anche in forma cooperativa, nonché con la qualità di presidente di consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione. L’incompatibilità non sussiste se l’oggetto della attività della società è limitato esclusivamente all’amministrazione di beni, personali o familiari, nonché per gli enti e consorzi pubblici e per le società a capitale interamente pubblico;

d) con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato”.

 

2. Sugli effetti della sospensione dall’iscrizione all’albo.

L’art. 20, co. 2, della l. 247/2012 dispone che “l’avvocato iscritto all’albo può sempre chiedere la sospensione dall’esercizio professionale”.

In più occasioni il CNF si è occupato della sospensione stabilendo che il diritto alla sospensione non è legato a una determinata durata, che è rimessa alla volontà del professionista. L’avvocato sospeso dall’albo è tuttavia tenuto al rispetto di determinati obblighi quali il pagamento del contributo annuale all’Ordine di appartenenza, l’obbligo di continuare a disporre di un indirizzo di posta elettronica certificata, l’obbligo di stipulare polizza assicurativa a garanzia dei rischi derivanti dall’esercizio dell’attività professionale, nonché l’obbligo della formazione, non essendo prevista alcuna esenzione (ma cfr., fra gli altri, il parere CNF n. 43 del 2019, che prevede la sospensione degli obblighi formativi nel caso in cui la sospensione sia destinata a operare per un periodo uguale o superiore a sei mesi).

Fra gli obblighi che l’avvocato sospeso mantiene vi è anche quello di rispettare i divieti stabiliti dall’art. 18 l. 247/2012: le incompatibilità rimangono operanti anche nel periodo di sospensione volontaria perché “inerenti alla permanenza della iscrizione nell’albo e quindi alla conservazione dello status”.

“Gli obblighi deontologici sorgono in capo all’avvocato in virtù della sola iscrizione all’Albo, la quale non viene meno nell’ipotesi di sospensione. Pacificamente, pertanto, l’avvocato sospeso resta soggetto alla potestà disciplinare, in relazione a violazioni deontologiche pregresse o a quelle che, seppur non direttamente legate all’esercizio della professione, possano essergli contestate anche nel periodo di sospensione.

Analogo discorso è a farsi in relazione agli obblighi fiscali e previdenziali (in questo ultimo caso la cancellazione dalla Cassa è prevista soltanto per i sospesi ex art. 20, commi 2 e 3: cfr. parere del 16 marzo 2016, n. 29), così come agli obblighi assicurativi (parere n. 78 del 25 ottobre 2017) e all’obbligo di versare il contributo annuale di iscrizione nell’Albo (parere del 22 febbraio 2017, n. 12). Allo stesso modo, continuano ad essere operanti le cause di incompatibilità previste dall’art. 18 della legge professionale (a partire dal parere 9 aprile 2014, n. 15). Per quel che riguarda invece l’obbligo formativo, cfr. parere 20 ottobre 2019, n. 43 e parere 9 aprile 2014, n. 24.” (così CNF, parere n. 56 del 15 novembre 2019).

La richiesta di sospensione dall’iscrizione all’albo fa dunque permanere in capo all’avvocato volontariamente sospeso l’obbligo di rispettare la norma sull’incompatibilità prevista dall’art. 18 citato.

3. L’attività di impresa commerciale.

Come noto, l’art. 2082 c.c. definisce imprenditore “chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”.

Il contratto d’appalto è definito dall’art. 1655 c.c. come “il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessarie con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro”. Difficile pertanto ritenere che l’esecuzione di un contratto d’appalto, per quanto di breve durata e isolata, possa non essere considerata attività d’impresa commerciale. L’elemento dell’organizzazione dei mezzi al fine del compimento di una determinata opera o servizio, sostenuto in questo caso anche dall’assunzione di apposita partita IVA, si deve ritenere che prevalga sull’elemento dell’occasionalità della prestazione.

Diversamente si potrebbe opinare qualora le caratteristiche della prestazione da rendere in esecuzione del contratto possano far ritenere che la denominazione di “contratto di appalto”, utilizzata in narrativa dal richiedente per indicare l’attività da svolgere, sia stata usata impropriamente e non richieda organizzazione professionale di mezzi. Dalla sintetica esposizione dei fatti riportata in premessa non è tuttavia dato ricavare quale sia la reale natura dell’attività svolta e se gli impegni assunti possano configurare o meno un contratto di appalto anche in senso sostanziale. Si rimette pertanto la valutazione circa la configurabilità o meno dell’esistenza di un contratto d’appalto al richiedente, che, oltre a essere in possesso di tutte le informazioni rilevanti a tal fine, ha anche le competenze tecnico-giuridiche per valutare la rispondenza del contenuto delle obbligazioni da assumere alla definizione normativa dell’appalto.

Per quanto qui interessa si rileva che a parere di questo Consiglio l’esecuzione di un contratto d’appalto, anche in maniera occasionale come sembrerebbe nel caso di specie, integra i requisiti dell’attività di impresa commerciale.

4. Conclusioni.

L’assunzione dell’obbligo di eseguire un contratto di appalto, per quanto evento isolato e di breve durata, richiedendo necessariamente un’organizzazione di mezzi e la gestione a proprio rischio per il compimento di un’opera o di un servizio, integra i requisiti dell’attività di impresa commerciale incompatibile con la professione di avvocato e con il mantenimento dell’iscrizione al relativo albo.

Ciò detto circa il quesito, ci corre infine l’obbligo di precisare che:

– con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense “il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine;

– ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quali esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo;

– pertanto, è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione di comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio.