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parere

Avvocato. Incompatibilità tra esercizio della professione e l’apertura, in qualità di giornalista, di un sito enogastronomico a pagamento.

È stato richiesto al Consiglio dell’Ordine di esprimere un parere circa la compatibilità o meno con la professione di avvocato dell’apertura, in qualità di giornalista, di un sito enogastronomico a pagamento.

Nella richiesta di parere non è contenuta alcuna indicazione che consenta di comprendere in che cosa consista l’attività che si intende svolgere e quali siano le prestazioni a pagamento che verranno espletate mediante l’apertura del sito enogastronomico ed a seguito di essa.

Occorre, del resto, premettere che tra i compiti Consiglio non rientra quello di compiere indagini di fatto e di diritto sulle questioni sottoposte dagli iscritti che sono e rimangono gli unici soggetti a conoscenza delle specifiche circostanze che rilevano ai fini del rispetto delle norme deontologiche e ordinamentali.

Il Consiglio può pertanto esaminare la questione prospettata solo in termini generali verificandone la compatibilità con le disposizioni della nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense e del nuovo Codice deontologico.

Le disposizioni a cui, nel caso in esame, occorre fare riferimento sono l’art. 6 del Codice Deontologico Forense che pone tra i doveri dell’avvocato quello di “evitare incompatibilità” e l’art. 18 della L. 247/2012 che disciplina le ipotesi di incompatibilità della professione di avvocato disponendo che essa è incompatibile “con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente” (comma 1, lett. a); “con l’esercizio di qualsiasi attività di impresa commerciale svolta in nome proprio o in nome o per conto altrui” (comma 1, lett. b); “con la qualità di socio illimitatamente responsabile o di amministratore di società di persone, aventi quale finalità l’esercizio di attività di impresa commerciale, in qualunque forma costituite, nonché con la qualità di amministratore unico o consigliere delegato di società di capitali, anche in forma cooperativa, nonché con la qualità di presidente del consiglio di amministrazione con poteri individuali di gestione……..” (comma 1, lett. c).

Nella richiesta di parere, come già dedotto , si fa riferimento unicamente all’ “apertura di un sito enogastronomico a pagamento” e dunque ad un’attività che dovrebbe comportare la prestazione di servizi mediante il pagamento di un corrispettivo da parte dei clienti/ utenti che accedano a quel sito.

In assenza di ulteriori e diverse indicazioni e/o precisazioni, si deve ritenere che tale attività sia qualificabile come “attività commerciale” . Il suo esercizio rientra pertanto nell’ipotesi di incompatibilità prevista dall’art 18 comma 1, lett b) L. 247/2012 che dispone , appunto , che la professione di avvocato è incompatibile “con l’esercizio di qualsiasi attività di impresa commerciale svolta in nome proprio o in nome o per conto altrui”.

La ratio di tale incompatibilità è quella di garantire l’autonomo ed indipendente svolgimento del mandato professionale e la giurisprudenza di legittimità che si è espressa sulla disciplina delle incompatibilità prevista dalla normativa previgente (art. 3 R.D. 1578/1933 secondo cui l’esercizio della professione di avvocato è incompatibile “con l’esercizio del commercio in nome proprio o in nome altrui”) ha avuto modo di rilevare che “Questa Corte, inoltre, con la decisione delle sezioni unite n. 2848 del 19-7-76, ha interpretato la disposizione suddetta nel senso che “le attività il cui esercizio è ritenuto incompatibile, a norma dell’art. 3 del r.d.l. 27-11-33 n. 1578 con le professioni forensi non sono caratterizzate dalla professionalità, ossia dalla normalità del loro esercizio in vista dell’attitudine a produrre reddito, bensì dalla idoneità che può, di volta in volta, derivare dall’essere dirette alla cura d’interessi che possono interferire nell’esercizio delle suddette professioni, ovvero dalla subordinazione che esse determinano nei confronti dei terzi, ovvero, infine, dai poteri che comportano in chi le esercita” (cfr, per tutte, sez. un. sent. n. 2848 del 19-7-76).” (Cass. Civ., Sez. Lav., 21.5.1994 n. 5010).

Sempre con riferimento alla disciplina di cui all’art. 3 R.D. 1578/1933 è stata ritenuta la compatibilità “della qualifica di concessionario per impianti di distribuzione con l’esercizio della professione forense, a giudizio di questa Corte ritenuta correttamente non esclusa dalla norma di riferimento, la quale espressamente si riferisce all’esercizio del commercio in nome proprio o altrui. Non può ritenersi, infatti, che tale esercizio faccia capo al concessionario che abbia ceduto la gestione degli impianti ad un terzo, in tal modo demandando a quest’ultimo l’esercizio dell’attività commerciale, alla quale il primo rimane del tutto estraneo, una volta affidati gratuitamente gli impianti per la distribuzione di carburante” (Cass. Civ., Sez. Lav., 16.10.2013 n. 23536).

La Suprema Corte ha avuto altresì modo di affermare , esaminando la diversa questione relativa all’assunzione di cariche sociali all’interno di una società commerciale, che l’art. 18 L. 247/2012 ha dettato “una nuova disciplina dell’incompatibilità della professione di avvocato con l’attività di impresa…”. “La nuova disposizione, tuttavia, recepisce sostanzialmente un principio che era stato già enunciato e applicato dalle sezioni unite di questa corte in sede d’interpretazione del R.D. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 3, (norma applicabile nella fattispecie ratione temporis), nella parte in cui dichiarava la professione di avvocato incompatibile con l’esercizio del commercio in nome altrui. Era infatti principio già consolidato che il legale che ricopra la qualità di presidente del consiglio di amministrazione o di amministratore delegato o unico di una società commerciale si trova, ai sensi del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 3, comma 1, n. 1, in una situazione d’incompatibilità con l’esercizio della professione forense (esercizio del commercio in nome altrui), qualora risulti che tale carica comporti effettivi poteri di gestione o di rappresentanza, e a prescindere da ogni indagine sulla consistenza patrimoniale della società medesima e sulla sua conseguente esposizione a procedure concorsuali (giurisprudenza costante delle sezioni unite di questa corte, da Cass. Sez. un. 24 marzo 1977, n. 1143, alle più recenti 5 gennaio 2007 n. 37, e 28 febbraio 2011 n. 4773)” (Cass. Civ., S.U., 18.11.2013 n. 25797).

In termini analoghi si è espresso il CNF che , sempre esaminando la questione relativa all’assunzione di cariche sociali all’interno di una società commerciale, ha esplicitato la ratio (anche) dell’ipotesi di incompatibilità di cui si discute :“questo Consiglio Nazionale ha già avuto modo di affermare in più occasioni, seguendo un indirizzo costante, che l’incompatibilità ex art. 3 Rdl 27/11/33 n. 1578 discende dall’assunzione di una carica sociale che comporti poteri di gestione e rappresentanza essendo irrilevante la distinzione tra effettività dell’attività commerciale e titolarità della carica incompatibile posto che quest’ultima abilita comunque allo svolgimento “dell’esercizio del commercio”. La ratio dell’incompatibilità (che è quella di evitare i condizionamenti all’esercizio indipendente della professione) verrebbe infatti elusa dalla potenziale idoneità della carica sociale a compromettere l’indipendenza dell’avvocato assoggettandolo alle dinamiche della concorrenza” (parere CNF, 11.7.2012 n. 45).

Non disponendo di alcun elemento che consenta di escludere che l’ apertura e la gestione di un sito enogastronomico a pagamento sia qualificabile come attività di impresa commerciale, essa deve ritenersi incompatibile con la professione di avvocato ai sensi dell’art. 18, comma 1, lett. b) L. 247/2012.