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parere

Avvocato: non viola il codice deontologico l’avvocato che assume un incarico da alcuni dei condomini per valutare l’operato dell’amministratore nel corso di una causa affidata ad altro legale

È stato richiesto parere riguardo alla possibilità di un avvocato di accettare l’incarico conferito da alcuni dei condomini di verificare l’operato dell’amministratore del condominio in una causa di opposizione a decreto ingiuntivo da questi affidata ad altro legale.

 

1. Norme rilevanti e giurisprudenza

Per rispondere al quesito si devono esaminare le norme del codice deontologico forense (“c.d.f.”) che disciplinano i rapporti dell’avvocato con i propri colleghi e i rapporti dell’avvocato con i propri clienti.

2. I rapporti fra colleghi.

Nella materia dei rapporti fra avvocati possono venire in rilievo sia le norme che riguardano gli obblighi di informativa nei confronti dei colleghi quando si tratti di un mandato ricevuto per esaminare il lavoro professionale svolto da costoro, sia il diritto di assumere un incarico quando per il medesimo incarico sia stato già dato mandato ad altro professionista, nonché il diritto di formulare osservazioni e critiche al lavoro di altro collega.

La ragione dell’analisi che segue è data dal fatto che, sebbene non risulti esplicitamente dal quesito, una richiesta di indagine sul lavoro svolto dal legale incaricato del giudizio di opposizione può ritenersi implicita nel riferimento ai dubbi sollevati “sulla correttezza della condotta tenuta dall’amministratore sia in relazione alla emissione del decreto ingiuntivo (rectius: ai motivi per cui l’amministratore non ha provveduto nei termini al pagamento di quanto dovuto al fornitore, che ha quindi richiesto l’emissione del d.i.) che alla conduzione della causa (mancata definizione di una transazione vantaggiosa per il condominio) …”.

Si esamineranno dunque, in successione, gli artt. 38, 45, 52 e, infine, 19 del c.d.f.

L’art. 38 c.d.f., rubricato, “Rapporto di colleganza”, fa riferimento a fattispecie concrete molto specifiche, quali l’intenzione di promuovere una causa contro un collega, la registrazione di una conversazione telefonica con un collega o la diffusione del contenuto di conversazioni riservate con un collega che, sanzionate in caso di inosservanza con l’avvertimento (la prima) o la censura (la seconda e la terza), comunque non rientrano fra le condotte contemplate dal quesito, nel quale non si fa alcun riferimento all’intenzione di promuovere una causa contro il collega incaricato del giudizio di opposizione, né all’utilizzo di conversazioni riservate avvenute fra avvocati.

Anche l’art. 45 c.d.f. che prevede l’obbligo di informare il collega in caso di subentro nel mandato (anche se stragiudiziale), non copre la materia del quesito poiché questo non fa riferimento a una richiesta di subentro del nuovo avvocato nel mandato conferito dal condominio per l’opposizione al decreto ingiuntivo.

Ad abundantiam, si fa cenno anche all’art. 52 del c.d.f., rubricato “Divieto di uso di espressioni offensive o sconvenienti”, che disciplina il diritto di critica dell’avvocato nei confronti dei colleghi e fa riferimento al divieto di utilizzare “espressioni che rivestano un carattere obiettivamente sconveniente ed offensivo e che si situino ben al di là del normale esercizio del diritto di critica e di confutazione delle tesi difensive dell’avversario” (cfr. sentenza CNF 23 dicembre 2017 n. 233). La richiesta di valutare l’operato del collega non risulta dalla narrativa, ma, qualora tale parere fosse richiesto, l’esame e l’eventuale critica del lavoro da questo svolto dovrebbe avvenire nel rispetto della dignità del collega e senza l’utilizzo da parte del nuovo legale di espressioni inutilmente offensive e sconvenienti.

Rimane l’art. 19 c.d.f., rubricato “Doveri di lealtà e correttezza verso i colleghi e le istituzioni forensi” che stabilisce che “l’avvocato deve mantenere nei confronti dei colleghi e delle istituzioni forensi un comportamento ispirato a correttezza e lealtà”. Tale norma, pur estensivamente interpretata, non è mai stata richiamata, in mancanza di una previsione espressa in tal senso, per stabilire per l’avvocato il divieto di dare consulenza sulla qualità del lavoro svolto da un collega o per imporre a suo carico un obbligo di informare il collega il cui lavoro ci si accinge a valutare. Si può peraltro ritenere che, stante il disposto del primo comma dell’art. 38 c.d.f., che espressamente prevede l’obbligo di informare per iscritto il collega nei cui confronti l’avvocato intenda promuovere un giudizio per fatti attinenti alla professione, il medesimo obbligo di informativa non sussista per il caso in cui il mandato ricevuto riguardi esclusivamente la valutazione dell’attività svolta da un collega.

3. I rapporti fra l’avvocato e i propri clienti.

Il quesito fa riferimento alla richiesta dei condomini di esaminare l’operato dell’amministratore di condominio. Stando a quanto esposto in narrativa non vi è alcuna incompatibilità o sovrapposizione con il mandato conferito al collega per il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo e i clienti sono liberi di conferire al legale da loro scelto un mandato diverso (ma anche lo stesso qualora lo volessero) rispetto a quello conferito dal condominio ad altro legale.

Si porrà ovviamente un problema diverso qualora il risultato della consulenza del nuovo avvocato dovesse portare al subentro di quest’ultimo nel mandato per il giudizio di opposizione: in questo caso dovranno essere rispettati i doveri elencati dall’art. 45 c.d.f. sopra citato.

4. Conclusioni.

In conclusione si ritiene che:

a)          il codice deontologico forense non vieti all’avvocato di assumere dai condomini un mandato per la valutazione dell’operato dell’amministratore del condominio qualora sia pendente un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per la cura del quale sia stato conferito mandato giudiziale ad altro avvocato;

b)          qualora la valutazione richiesta al nuovo avvocato riguardi anche l’operato dell’avvocato incaricato del giudizio di opposizione, il nuovo avvocato non sia tenuto a dare alcuna informativa al collega se il primo non viene incaricato di promuovere azione legale contro il secondo per l’opera professionale prestata.

Ciò detto circa il quesito, ci corre infine l’obbligo di precisare che:

– con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense “il potere disciplinare appartiene ai Consigli Distrettuali di Disciplina Forense” e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine;

– ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quali esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo;

– pertanto, è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione di comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio.