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parere

Avvocato. Possibilità di testimoniare in sede penale in favore di un proprio cliente in relazione a questioni che non attengono al mandato ricevuto per un separato giudizio civile.

E’ stato chiesto se un avvocato che difende in un giudizio civile per separazione giudiziale di coniugi una propria cliente, avendo assistito (nel senso di avere ascoltato) mentre parlava tramite cellulare con la propria cliente ad una lite insorta tra quest’ultima e la convivente del di lei marito, a seguito della quale la propria cliente stessa è stata imputata per i reati di ingiuria e diffamazione, con conseguenze proposizione di un giudizio penale in cui detta cliente è difesa da un altro avvocato, essendo a conoscenza di circostanze utili alla difesa della propria cliente in sede penale, possa deporre come testimone nel giudizio penale per riferire in ordine a quanto a sua conoscenza per aver assistito alla lite suindicata, riferendo quindi su circostanze che non sono in relazione con il procedimento di separazione giudiziale e che non coinvolgono questioni apprese in relazione al mandato ricevuto o coperte dal segreto professionale, e, in caso affermativo, resa la testimonianza in sede penale, se detto avvocato debba, o meno, rinunciare al mandato relativamente al giudizio civile.
Il Consiglio dell’Ordine ha precisato che l’articolo l’art. 58 del Codice Deontologico Forense dispone che, per quanto possibile, l’avvocato deve astenersi dal deporre come testimone su circostanze apprese nell’esercizio delle proprie attività professionali e inerenti al mandato ricevuto, precisando altresì che l’avvocato non deve mai impegnare di fronte al Giudice la propria parola sulla verità dei fatti esposti in giudizio e, qualora intenda presentarsi come testimone, deve rinunciare al mandato e non può riassumerlo.
Tenuto conto della particolare funzione dell’avvocato nonché del fatto che le circostanze su cui sarebbe chiamato a deporre sarebbero state da lui apprese nell’ambito di detta sua funzione, si tratta di una disposizione molto opportuna e condivisibile, la cui ratio è, evidentemente, quella di evitare anche una sovrapposizione e/o una commistione di ruoli nel medesimo giudizio, in considerazione pure del fatto che l’avvocato, pur dovendo osservare il dovere di lealtà e di correttezza, ha, comunque, il compito di tutelare gli interessi di una parte e non può, quindi, essere imparziale, mentre un testimone ha l’obbligo di riferire i fatti con verità, obiettività e imparzialità, il che potrebbe anche collidere con gli interessi della parte assistita dall’avvocato.
Per tali motivi si ritiene preferibile che l’avvocato non deponga come testimone nel processo in cui presta la propria assistenza professionale e, se non può fare a meno di deporre, gli si impone di rinunciare al mandato e di non riassumerlo.
Dal contenuto letterale della disposizione in questione nonché dalla sua ratio sopra illustrata si evince, peraltro, che la disposizione stessa si riferisce all’eventuale deposizione testimoniale resa dall’avvocato nell’ambito di un giudizio nel quale egli espleti la sua funzione di difensore di una delle parti e su circostanze che egli abbia appreso in conseguenza del mandato ricevuto.
Fattispecie ben diversa è quella, invece, in cui l’avvocato, occasionalmente, abbia assistito ad una lite tra un proprio cliente e un terzo che abbia dato origine, per il contenuto delle affermazioni effettuate scambievolmente dai contendenti, ad un procedimento penale, in relazione al quale procedimento l’avvocato stesso non esercita la sua funzione di difensore a favore di alcuno dei contendenti stessi e l’unico collegamento è quello di tutelare uno di detti contendenti in un distinto giudizio civile pendente contro un’altra parte.
In quest’ultima eventualità non sussistono ragioni ostative che precludano all’avvocato di deporre nel giudizio penale, né può essere imposto all’avvocato stesso di rinunciare al mandato nel distinto giudizio civile che verte su un oggetto diverso e nel quale la controparte del suo cliente è persona diversa rispetto alla parte offesa del giudizio penale, al punto che l’avvocato non avrebbe nemmeno l’obbligo, prima di deporre, di chiedere al cliente di essere liberato dal segreto professionale, dato che dovrebbe deporre su circostanze che esulerebbero dal mandato professionale, fermo restando che, per scrupolo cautelativo, è comunque preferibile conseguire preventivamente detta liberazione, visto che tali circostanze sarebbero, comunque, state apprese dall’avvocato, se pur casualmente, in occasione di un colloquio telefonico con il cliente riguardante il mandato ricevuto in relazione al giudizio civile.
In ogni caso è ovvio che l’avvocato dovrà rendere la sua deposizione in modo assolutamente veritiero, obiettivo e imparziale, nel pieno rispetto non solo delle norme di legge in materia di testimonianza, ma anche delle norme deontologiche che impongono all’avvocato di agire, comunque, con lealtà e correttezza e di non violare la dignità e il decoro della professione.