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parere

Avvocato: sia l’esercizio dell’attività di pubblicità informativa sulla propria attività professionale sia l’attività di acquisizione della clientela sono di per sé lecite purché i mezzi utilizzati siano sempre conformi ai principi di trasparenza, correttezza e decoro

E’ stato richiesto a questo Consiglio di esprimere un parere in merito alla legittimità o meno da parte di una società che fornisce consulenza in ambito assicurativo avvalendosi dell’opera di un socio – avvocato, di pubblicizzare le proprie prestazioni attraverso una società di servizi.

L’art. 10 L. 247/2012 stabilisce che “è consentita all’avvocato la pubblicità informativa sulla propria attività professionale, sull’organizzazione e struttura dello studio e sulle eventuali specializzazioni e titoli scientifici e professionali posseduti (…) La pubblicità e tutte le informazioni diffuse pubblicamente con qualunque mezzo, anche informatico, debbono essere trasparenti, veritiere, corrette e non devono essere comparative con altri professionisti, equivoche, ingannevoli, denigratorie o suggestive (…) In ogni caso le informazioni offerte, devono fare riferimento alla natura e ai limiti dell’obbligazione professionale”.

L’art. 35 del Codice deontologico prevede che “l’avvocato che dà informazioni sulla propria attività professionale, quali che siano i mezzi utilizzati per rendere le stesse, deve rispettare i doveri di verità, correttezza trasparenza, segretezza e riservatezza, facendo in ogni caso riferimento alla natura e ai limiti dell’obbligazione professionale” ed , il comma 9, che “le forme e le modalità delle informazioni devono comunque rispettare i principi di dignità e decoro della professione”.

L’art. 37 del Codice deontologico stabilisce che “l’avvocato non deve acquisire rapporti di clientela a mezzo di agenzie o procacciatori e con modi non conformi a correttezza e decoro” ; al comma 2 che “l’avvocato non deve offrire o corrispondere ai colleghi o a terzi provvigioni o altri compensi quale corrispettivo per la presentazione di un cliente o per l’ottenimento di incarichi professionali” ed , al comma 4, che “è vietato offrire, sia direttamente che per interposta persona, le proprie prestazioni professionali al domicilio degli utenti, nei luoghi di lavoro, di riposo, di svago e, in generale, in luoghi pubblici o aperti al pubblico.”

Per una applicazione concreta dei suddetti principi può essere utile il richiamo alla nota pronuncia del Consiglio di Stato, Sez VI. n. 1164 del 22.3.2016 che ha ritenuto legittimo il sistema di pubblicità e di offerta delle prestazioni professionali degli avvocati affiliati ad un canale di diffusione delle informazioni denominato “Amica Card “.

In tale pronuncia è stato ritenuto “l’art. 3, comma 5, del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo) prevede che «gli ordinamenti professionali devono garantire che l’esercizio dell’attività risponda senza eccezioni ai principi di libera concorrenza, alla presenza diffusa dei professionisti su tutto il territorio nazionale, alla differenziazione e pluralità di offerta che garantisca l’effettiva possibilità di scelta degli utenti nell’ambito della più ampia informazione relativamente ai servizi offerti», aggiungendosi che occorre, tra l’altro, assicurare che «la pubblicità informativa, con ogni mezzo, avente ad oggetto l’attività professionale, le specializzazioni ed i titoli professionali posseduti, la struttura dello studio ed i compensi delle prestazioni» sia libera e che le informazioni sia trasparenti, veritiere, corrette, non equivoche, né ingannevoli o denigratorie.

Nel caso in esame l’attività oggetto di contestazione da parte del CNF si risolve in una modalità di pubblicità protetta dalla norma riportata e non in contrasto con i limiti da essa posta. Il sistema «Amica Card», come correttamente rilevato dal primo giudice, è finalizzato a mettere a disposizione dell’avvocato, in cambio di un corrispettivo, uno spazio on line nel quale questi può presentare l’attività professionale svolta e proporre uno sconto al cliente che decide di avvalersi dei suoi servizi. La circostanza che l’accesso sia assicurato a tutti gli utenti ovvero, come ritenuto dall’appellante, solo agli affiliati al circuito, non è di per sé, in assenza della dimostrazione di elementi qualificanti incompatibili con la deontologia e con il decoro della professione, idonea ad assegnare valenza illecita all’operazione. Allo stesso modo non rilevante, nella prospettiva in esame, è il rilievo difensivo relativo alla mancata indicazione dello sconto e dell’attività svolta. Né risulta che «Amica Card» svolga un’attività di intermediazione dai connotati diversi da quelli sopra esposti.

In definitiva, si è in presenza di una nuova modalità di pubblicità dell’attività professionale che, per quanto si discosti, in alcune sue componenti, dai modelli tradizionali, presenta i caratteri di una attività lecita espressione dei principi di libera concorrenza”.

In definitiva, sia l’attività di pubblicità informativa sulla propria attività professionale e sull’organizzazione e struttura dello studio, sia l’attività di acquisizione della clientela sono di per sé lecite mentre il “disvalore deontologico” è costituto dalle modalità e dai mezzi in concreto utilizzati che devono essere sempre conformi a trasparenza, correttezza e decoro.

Si informa che ai sensi dell’art. 50 L. n. 247/2012 il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense e che dunque non rientra più tra le prerogative del Consiglio dell’Ordine. Ne consegue che il presente parere viene rilasciato in termini generali senza che possa assumere alcuna funzione orientativa né tanto meno vincolante nell’ambito di eventuali procedimenti disciplinari.