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Lapo Mariani

parere

Avvocato. Sull’applicabilità dell’art. 3 D.M. del 22.9.2016 agli avvocati dipendenti di Enti Pubblici iscritti nell’elenco speciale.

E’ stato chiesto da un avvocato facente parte dell’Avvocatura Regionale un parere su come vada interpretato l’art. 3 del DM Giustizia del 22.9.2016, il quale prevede i massimali minimi di copertura assicurativa per la fascia di rischio e, in particolare, se i riferimenti al “fatturato riferito all’ultimo esercizio” fatti in detta norma si riferiscano esclusivamente agli avvocati iscritti nell’albo ordinario e non anche a quelli dipendenti di enti pubblici iscritti nell’elenco speciale.

L’art. 12 della Legge Professionale, intitolato “Assicurazione per la responsabilità civile e assicurazione contro gli infortuni” prevede l’obbligo per ogni avvocato di stipulare polizze assicurative inerenti sia la propria responsabilità professionale sia la copertura di infortuni derivante a sé o ai propri dipendenti o praticanti.

La norma primaria rimanda a un decreto ministeriale, da aggiornarsi ogni cinque anni, che preveda le condizioni essenziali e i massimali minimi delle polizze.

Occorre precisare che la norma non fa alcuna distinzione di iscrizione in albi o elenchi.

La normativa regolamentare attuativa è il DM del 22.9.2016, che entrerà in vigore il 11.10.2017. L’art. 3 del decreto prevede appunto i massimali minimi di copertura, divisi per fascia di rischio e quantificati sulla base del fatturato riferito all’ultimo esercizio chiuso imputabile all’avvocato che deve stipulare la polizza.

L’intento del Decreto Ministeriale è quello di ancorare al volume d’affari derivante dall’attività professionale dell’avvocato il massimale che copra, presumibilmente, i rischi assicurati, posto che questi si possono ragionevolmente ritenere in diretta correlazione con il fatturato dell’avvocato.

Venendo al parere richiesto, ritiene questo Consiglio che sia del tutto evidente come il riferimento al “fatturato riferito all’ultimo esercizio chiuso” ex art. 3 DM citato sia chiaramente da intendersi solo per gli iscritti all’albo ordinario.

Ciò per le seguenti considerazioni:

– è prima di tutto evidente che, visto il rapporto di dipendenza che lega gli avvocati degli enti pubblici all’ente per il quale prestano il loro patrocinio, l’obbligo assicurativo grava sui medesimi enti pubblici e non sui singoli avvocati nel senso che l’obbligo previsto dall’art. 12 della Legge Professionale può ritenersi rispettato laddove sia assolto direttamente dall’ente pubblico titolare del rapporto di pubblico impiego con l’avvocato iscritto all’elenco speciale;

– il riferimento che l’art. 3 fa al fatturato, come detto sopra, si giustifica con l’esigenza di parametrare l’entità del massimale assicurativo a quella del volume di affari derivante dall’attività professionale dell’avvocato e quindi è chiaramente un riferimento che si attaglia esclusivamente agli avvocati iscritti all’albo ordinario;

– del resto non vi sarebbe alcuna possibilità di trovare un “fatturato di riferimento” per la funzione svolta dagli avvocati degli entri pubblici posto che la loro retribuzione si basa su criteri completamente diversi dai compensi previsti per gli avvocati del libero foro.

In ogni caso, doverosamente, occorre precisare che:

– con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense il “potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” (art 50 L.247/2012) e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine;

– ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina, né rilevare quale esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo;

– pertanto è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione dei comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio anche per quanto riguarda l’elemento soggettivo.