Nella sentenza in commento viene affrontato il tema della responsabilità per danni derivanti dalla lesione del diritto personale all’onore nel caso di un esposto presentato al Consiglio locale dell’Ordine forense da un avvocato contro un collega.
Orbene, gli Ermellini escludono l’antigiuridicità del comportamento nel caso in cui le offese contenute nello scritto siano in rapporto di giuridica necessità o utilità con l’esercizio del diritto di presentare esposti innanzi al Consiglio da parte del soggetto che le ha scritte.
Come precisato dalla Suprema Corte in una sua precedente pronuncia, è nell’ordine naturale delle cose che il contenuto di un esposto all’Ordine presentato da un avvocato contro un collega prospetti comportamenti di quest’ultimo idonei ad incidere in qualche modo negativamente sulla reputazione del medesimo (è fin troppo ovvio che, se il primo professionista avesse ritenuto del tutto corretto il contegno del secondo, lo stesso non avrebbe presentato l’esposto).
Perché quindi si possa ravvisare l’esistenza di un comportamento idoneo ad integrare un atto illecito ex art. 2043 c.c., si continua nella summenzionata sentenza, è necessario qualcosa di più della mera prospettazione al Consiglio del comportamento (del collega) criticato (con conseguente invocazione dell’esercizio del potere disciplinare); è necessario cioè che, per il particolare modo con cui viene prospettata la tesi accusatoria (in particolare per la scelta delle espressioni usate), si travalichi il legittimo esercizio del diritto in questione e che si vada al di là di ciò che è strumentale rispetto all’esercizio del diritto (di per sé incontestabile) di esporre il proprio assunto critico innanzi al Consiglio dell’Ordine”.
a cura di Silvia Ammannati