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giurisprudenza

Casella pec piena e validità della notifica dell’atto (Cass. Sez. VI, Ord., 11 febbraio 2020, n. 3164)

Con la pronunzia in esame la Corte di Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi sulla validità della notifica effettuata tramite pec ma “rifiutata” dalla casella del destinatario per raggiunti limiti di capacità della stessa.

Nel caso di specie la Suprema Corte ha ritenuto legittima la scelta processuale del resistente, che “ha correttamente depositato il controricorso in cancelleria, non essendo andata a buon fine la notifica telematica alla controparte, la cui casella di posta elettronica era risultata “piena””.

In particolare, sul punto, la Cassazione ha ribadito, tramite richiamo a propri precedenti, che “il mancato buon esito della comunicazione telematica di un provvedimento giurisdizionale, dovuto alla saturazione della capienza della casella di posta elettronica del destinatario, è un evento imputabile a quest’ultimo, in ragione dell’inadeguata gestione dello spazio per l’archiviazione e la ricezione di nuovi messaggi, sicché legittima l’effettuazione della comunicazione mediante deposito dell’atto in cancelleria, ai sensi dell’art. 16 comma 6 del d.l. n.n. 179 del 2012, conv. in I. n. 221 del 2012, come modificato dall’art. 47 del d.l. n. 90 del 2014, conv. in I. n. 114 del 2014″”.

A tal fine, la pronuncia in esame chiarisce che i principi di cui sopra, seppure espressamente dettati in tema di comunicazioni, possono trovare applicazione anche con riferimento alla notificazione di atti; ciò in forza dell’art. 149-bis, terzo comma, cod. proc. civ., dettato in tema di notificazioni a mezzo posta elettronica eseguite dall’ufficiale giudiziario, secondo cui “La notifica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario”.

Tale previsione, in combinato disposto con l’art. 20 comma 5 del D.M. n. 44 del 2011 (che prevede l’onere del difensore di provvedere al controllo periodico della propria casella di PEC, al fine di “assicurare che gli effetti giuridici connessi alla notifica di atti tramite lo strumento telematico si possano produrre nel momento in cui il gestore del servizio PEC rende disponibile il documento nella casella di posta del destinatario”), consente di desumere il principio per cui “qualora il “rendere disponibile” quale azione dell’operatore non possa evolversi in una effettiva disponibilità da parte del destinatario per causa a lui imputabile, come per essere la casella satura, la notificazione si abbia per perfezionata, con la conseguenza che il notificante può procedere all’utilizzazione dell’atto come se fosse stato notificato”.

Non solo. La Suprema Corte, con riferimento al momento di perfezionamento della notifica, come previsto dal comma 3 dell’art. 3-bis della L. n. 53 del 1994, ha chiarito che, in ipotesi di “casella piena”, alla produzione da parte del sistema della seconda ricevuta (cd. ricevuta di consegna) “deve equipararsi anche quella con cui l’operatore attesta l’avere rinvenuta la casella di PEC “piena””.

In conclusione, la Corte di Cassazione ha sottolineato che, anche alla luce dell’art. 138, secondo comma, cod. proc. civ. (secondo cui si ha per notificato ciò che il destinatario rifiuta di ricevere in mani proprie dall’ufficiale giudiziario), “il lasciare la casella di PEC satura equivale ad un preventivo rifiuto di ricevere notificazioni tramite di essa e l’essere della sua gestione direttamente responsabile il titolare giustifica il considerare la conseguenza di tale atteggiamento come equipollente ad una consegna dell’atto”.

A cura di Giulio Carano