Con la sentenza in commento, la Suprema Corte si è pronunciata sulla questione relativa alla possibilità di revocare l'incarico al difensore con un telegramma privo di sottoscrizione autenticata.
Le Sezioni della Suprema Corte non hanno al riguardo un orientamento unanime.
Infatti, in alcune decisioni, la Corte ha ritenuto tassative le forme previste dall'art. 96 c.p.p per la nomina e revoca del mandato al difensore, e ha, quindi, affermato che la nomina del difensore di fiducia non può essere validamente effettuata con un telegramma privo di sottoscrizione autenticata (tra le altre Cass. Pen. 5676/99); con altre pronunce, invece, la Corte di legittimità ha sostenuto che il telegramma può produrre gli effetti processuali di cui all'art. 96 c.p.p. purché la volontà ivi espressa sia riscontrabile dai comportamenti e dagli atti successivi dell'imputato (tra le altre Cass. Pen. 4884/97).
Con la sentenza in esame, la Suprema Corte ha condiviso quest'ultimo orientamento e ha confermato che il telegramma privo di sottoscrizione autenticata non è di per sé idoneo a revocare l'incarico al difensore (nel caso di specie l'imputato lo aveva, tra l'altro, espressamente disconosciuto).
A cura di Ilaria Biagiottti