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giurisprudenza

Il termine di quindici giorni per avviare la mediazione delegata non è perentorio (Corte d’Appello di Firenze, Sent., 13 gennaio 2020, n. 65)

La sentenza in commento si pronuncia sull’appello promosso avverso la sentenza del Tribunale di Firenze che aveva dichiarato improcedibile un’opposizione a decreto ingiuntivo per difetto della condizione di procedibilità prevista in materia di mediazione delegata dall’art. 5 c.2 L. 2010 n. 28.

Segnatamente, nel corso del giudizio di opposizione introdotto nel 2011, il giudice istruttore, in data 20.2.2014, aveva disposto l’esperimento del procedimento di mediazione, nonché assegnato il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione, e infine rinviato all’udienza successiva del 13.11.2014.

Senonché, mentre il provvedimento di invio in mediazione era stato comunicato in data 21.2.2014, la mediazione era stata avviata solo in data 20.3.2014: da qui la dichiarazione di improcedibilità dell’opposizione per mancato esperimento della mediazione delegata entro i quindici giorni previsti dall’art. 5 c.2 L. cit.

Contro tale sentenza propone appello l’opponente, affermando fra l’altro che la condizione di procedibilità era stata rispettata, dal momento che la mediazione era stata avviata e svolta, seppur con esito negativo; che il termine di quindici giorni ha natura meramente ordinatoria, e di aver domandato con apposita istanza depositata in data 4.3.2014 che prima della mediazione fosse svolta una ctu, così implicitamente chiedendo anche la proroga del termine in questione.

La Corte d’Appello rileva in primo luogo che l’art. 5 c.2 L. 2010 n. 28 pone come condizione di procedibilità, non l’avvio della mediazione nel termine di quindici giorni, ma unicamente l’esperimento del procedimento di mediazione, e che le ipotesi di improcedibilità sono tassative e non sono suscettibili di interpretazione analogica.

Aggiunge che il termine in questione non ha natura perentoria, ma ordinatoria, in quanto la perentorietà non è né prevista espressamente dalla legge, come richiede l’art. 152 c.2 c.p.c., né desumibile dallo scopo del termine, in quanto ciò che rileva è lo svolgimento della mediazione e non il momento di instaurazione del relativo procedimento.

Nel caso di specie, pertanto, il ritardo nella presentazione della domanda di mediazione (peraltro di appena quindici giorni) non giustificava affatto la dichiarazione di improcedibilità, essendosi la mediazione regolarmente svolta e conclusa, sebbene con esito negativo (il che rileva anche sotto il profilo del principio di raggiungimento dello scopo ex art. 156 c. 3 c.p.c.); ed essendo stata impedita la conversione del termine ordinatorio in termine perentorio dall’istanza di proroga implicitamente formulata prima che il termine stesso scadesse (e quindi tempestivamente ex art. 154 c.p.c.).

La sentenza appellata, conclude la Corte, ha dunque negato ingiustificatamente l’accesso alla giustizia statuale, che invece deve essere garantito anche in ipotesi di mediazione obbligatoria.

Ne deriva l’accoglimento dell’appello e la riforma integrale della sentenza impugnata.

Da notare è che la presente sentenza, pur condivisibile, si inserisce in un vasto panorama giurisprudenziale di merito nel quale, accanto a sentenze conformi (cfr. C.A. Milano 2017/ 2515), non mancano sentenze che si sono pronunciate nel senso dell’improcedibilità della domanda giudiziale qualora invece il ritardo nella presentazione della domanda di mediazione sia assai più grave, tale da determinare l’impossibilità di conclusione della mediazione entro l’udienza di rinvio (cfr. C.A. Milano 2019/4919); e infine altre ancora che hanno qualificato in ogni caso il termine in questione come perentorio (cfr. Trib. Padova 18.4.2018).

A cura di Stefano Valerio Miranda