La Corte di Cassazione ha dichiarato che l'attività esercitata durante il periodo di tirocinio presso uno studio professionale non può dare luogo ad un rapporto di lavoro subordinato, se non si provi la sottoposizione del prestatore d'opera ad un vincolo gerarchico, direttivo ed organizzativo del datore di lavoro.
Nel caso, secondo il ricorrente, il professionista-datore di lavoro avrebbe ammesso l'attività lavorativa del primo ed avrebbe pertanto fatto carico al professionista-datore di lavoro di provare la riconducibilità ad un rapporto diverso, prova questa mancante.
La Suprema Corte ha invece ritenuto che l'attività esercitata dal ricorrente, ammessa dal professionista, era comunque compatibile sia con il lavoro subordinato, sia con l'attività di studio propria del praticante.
Pertanto, in virtù del principio dell'onere della prova, in mancanza di confessione del convenuto, spettava alla parte attrice provare la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato.
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