Il ricorrente, che al termine dell’udienza preliminare aveva scelto di procedere mediante giudizio abbreviato, lamentava, tra l’altro, l’inutilizzabilità delle indagini difensive prodotte dalle parti civili, costituite dalle dichiarazioni delle persone offese. Assume il difensore che non possono essere escusse da un legale le parti che egli assiste, non potendosi esse ritenersi “…persone in grado di riferire circostanza utili…” ai sensi dell'art. 391bis co. I c.p.p.
La Corte di Cassazione, nel rigettare in toto il ricorso, ritiene in primo luogo che non vi sia alcun obbligo preventivo di avviso o di deposito alla controparte (richiamando la Corte Costituzionale, sent. 16/1994 e 258/1991) e che la scelta del rito abbreviato, specie se, come nel caso di specie, formulata successivamente al rigetto dell’eccezione di illegittimità, comporta l’accettazione di definire il procedimento allo stato di tutti gli atti precedentemente assunti legittimamente. Ciò anche perchè, sostiene la Corte, non si può parlare di “illegittimità” di tali dichiarazioni in quanto non vi è nessuna norma che vieti di assumere ad indagini difensive la persona offesa (che nei casi, come questo, di violenza sessuale, è anzi spesso l’unico teste e dunque l’unica persona in grado di riferire).
Diverso sarebbe il caso di inutilizzabilità cd. “patologica”, ovvero qualora ci si trovasse di fronte a prove assunte contra legem, la cui utilizzazione è vietata in modo assoluto in ogni fase del procedimento, comprese le scelte processuali negoziali di merito quale abbreviato ed applicazione della pena su richiesta delle parti.
A cura di Giacomo Passigli