Nel caso che si presenta, rilevante in tema di notifica a mezzo PEC, una impresa debitrice ha introdotto reclamo avverso la sentenza di fallimento pronunciata a suo carico in contumacia deducendo il mancato perfezionamento della notifica del ricorso di fallimento e del pedissequo decreto di convocazione del debitore in camera di consiglio in conseguenza del fatto – provato in giudizio a mezzo relazione giurata di parte e dichiarazione del provider gestore del sistema – che la posta elettronica della destinataria era stata colpita da virus informatici che avevano comportato che la comunicazione PEC fosse stata registrata dal sistema come “SPAM – posta indesiderata” e, come tale, archiviata in apposita cartella assieme a numerosissime altre email.
La Corte d’Appello, tuttavia, ha respinto il reclamo e parimenti la Suprema Corte, a seguito del ricorso introdotto dalla fallita, si è espressa nel medesimo senso. Secondo gli Ermellini, che hanno condiviso la motivazione della Corte territoriale, nel caso di specie non può parlarsi né di mancato perfezionamento della notifica via PEC in senso tecnico, poiché la sequenza procedimentale stabilita dalla legge (dal lato del mittente, ricevuta di accettazione; dal lato del destinatario, ricevuta di avvenuta consegna) si era invero integrata; né, in astratto, di un caso di forza maggiore esulante dalle anomalie previste nelle garanzie tecniche di ricezione collaudate in sede ministeriale.
Infatti, l’evenienza dedotta dalla società fallita è ascrivibile unicamente alla stessa poiché l’obbligo della parte che eserciti l’attività d’impresa di munirsi di un indirizzo PEC si estende anche all’assicurarsi del corretto funzionamento della propria casella postale certificata mediante l’utilizzo di dispositivi di vigilanza e di controllo dotati di misure anti intrusione, nonché al controllo di tutta la posta in arrivo, quand’anche qualificata dal programma gestionale come indesiderata.
A cura di Alessandro Marchini