Nella sentenza in commento il giudice amministrativo ha fornito, con riferimento al diritto di accesso ai documenti amministrativi, un’interpretazione del divieto di accesso “nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge”, stabilito dall’art. 24, I comma, lett. a), legge n. 241 del 1990.
Oggetto del ricorso deciso dal T.A.R. Bari era una nota con la quale l’INPS aveva negato al ricorrente l’accesso ai documenti.
L’istanza di accesso riguardava documenti che il ricorrente aveva intenzione di produrre in un giudizio da egli proposto al fine di fare accertare e dichiarare la nullità o illegittimità di alcune cartelle esattoriali relative a crediti INPS: si trattava, in particolare, di atti interruttivi posti in essere dall’INPS in relazione al credito azionato con una delle cartelle di pagamento oggetto del giudizio pendente.
Il diniego espresso dall’INPS era motivato con l’attinenza della documentazione richiesta ad un giudizio pendente tra l’Amministrazione e l’istante: tale circostanza, in base al regolamento di attuazione dell’Istituto, non avrebbe consentito l’accesso ai documenti richiesti.
Nell’accogliere il ricorso, il giudice amministrativo ha osservato che in effetti il regolamento dell’INPS indica, tra gli atti e i documenti sottratti all’accesso, quelli “contenuti nei fascicoli relativi ad attività di contenzioso, di precontenzioso e di consulenza”.
A tale categoria, tuttavia, non possono essere riconducibili i documenti che l’Amministrazione, con il provvedimento impugnato, ha sottratto all’accesso del ricorrente.
Infatti, si deve ritenere che il divieto posto dal regolamento dell’INPS coincida con quello previsto dall’art. 24, I comma, lett. a), legge n. 241 del 1990, con riferimento alla documentazione coperta da segreto.
La norma, argomenta il T.A.R. Bari, codifica la regola generale, valevole per tutti gli avvocati (sia del libero foro che appartenenti ad uffici legali di enti pubblici), per la quale sono coperti da segreto professionale i pareri resi in relazione a lite in potenza o in atto, la inerente corrispondenza e gli atti professionali.
Questa regola risponde al principio di salvaguardia della strategia processuale della parte, che non è tenuta a rivelare gli argomenti con cui intende confutare le pretese avversarie (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 13 ottobre 2003, n. 6200; sez. V, 2 aprile 2001, n. 1893).
Ne consegue che l’Amministrazione legittimamente può esprimere il proprio diniego, a fronte di una richiesta di accesso avente ad oggetto documenti coperti da segreto nel senso sopra descritto.
Non si può invece ritenere che il segreto, dunque il divieto di accesso, si estenda anche ad altri documenti in possesso dell’Amministrazione, per il solo fatto che attengono ad una controversia pendente tra l’Amministrazione stessa e il privato che ne faccia richiesta.
Se così fosse, del resto, il potere defensionale del privato nei confronti dell’Amministrazione sarebbe ingiustificatamente compromesso, con conseguente violazione del diritto di difesa, costituzionalmente garantito (art. 24 Cost.).
A cura di Andrea De Capua