È stato chiesto un parere in merito alla possibilità di accettare un incarico per un ricorso per decreto ingiuntivo da parte di un ex-Collega di studio, nei confronti di una impresa ex – Cliente del richiedente, assistita da entrambi nel 2014 per un recupero del credito.
Risposta al quesito
1. Il quesito attiene all’assunzione di un incarico contro una parte già assistita;
2. Il codice deontologico forense (“c.d.f.”) prevede all’art. 68, che:
“i. L’avvocato può assumere un incarico professionale contro una parte già assistita solo quando sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale.
ii. L’avvocato non deve assumere un incarico professionale contro una parte già assistita quando l’oggetto del nuovo incarico non sia estraneo a quello espletato in precedenza.
iii. In ogni caso, è fatto divieto all’avvocato di utilizzare notizie acquisite in ragione del rapporto già esaurito.
iv. L’avvocato che abbia assistito congiuntamente coniugi o conviventi in controversie di natura familiare deve sempre astenersi dal prestare la propria assistenza in favore di uno di essi in controversie successive tra i medesimi.
v. L’avvocato che abbia assistito il minore in controversie familiari deve sempre astenersi dal prestare la propria assistenza in favore di uno dei genitori in successive controversie aventi la medesima natura, e viceversa.”
3. Nel caso in esame viene precisato che il rapporto professionale è cessato da oltre un biennio (segnatamente dal 2015).
La condizione di cui all’art. 68, comma 1 è, dunque, rispettata.
Non viene, invece, espressamente specificato se il nuovo incarico sia estraneo rispetto a quello espletato in precedenza: sul punto si ha solo la generica precisazione che l’oggetto del rapporto concluso era il recupero di un credito del cliente mentre quello nuovo atterrebbe al recupero di un credito di un collega nei confronti del cliente stesso.
Non si può, dunque, verificare il rispetto del requisito del comma 2, da escludersi nel caso il nuovo incarico attenga al recupero del credito del collega nei confronti del cliente in virtù del rapporto professionale cessato, considerato che il richiedente specifica di aver co-gestito detto rapporto proprio con il collega dal quale dovrebbe ricevere l’incarico per l’ingiunzione.
Il quesito non fornisce, altresì, informazioni circa il rispetto del requisito previsto dal comma 3, ovvero se il nuovo incarico implichi l’utilizzo di notizie acquisite in ragione del rapporto concluso: anche sul punto si precisa che la condizione non potrebbe dirsi rispettata ove il nuovo incarico abbia collegamenti con il rapporto co-gestito con il collega-creditore, ancorché concluso da oltre un biennio.
I divieti di cui ai commi 2 e 3, infatti, non sono soggetti ad alcun limite temporale. (cfr. fra le tante: Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Logrieco, rel. Baffa), sentenza del 16 ottobre 2018, n. 123).
Poiché la richiesta fa riferimento a un cliente “impresa” si ritiene che non siano rilevanti le previsioni dei commi 4 e 5 dello stesso art. 68 c.d.f.
4. Conclusioni
Per i motivi sopra esposti, si ritiene di poter dare una risposta positiva alla richiesta relativa alla possibilità di accettare l’incarico soltanto se risultano rispettate le previsioni dei commi 2 e 3 dell’art. 68 c.d.f. Il Consiglio, non essendo stato messo a conoscenza degli elementi rilevanti al fine di esprimere un parere in proposito, rimette al Collega richiedente la valutazione circa la violazione dell’art. 68, commi 2 e 3, c.d.f.
Ciò detto circa il quesito, ci corre infine l’obbligo di precisare che:
– con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense “il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine;
– ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quali esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo;
– pertanto, è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione di comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio.