Direttore Responsabile:

Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

parere

Avvocato: circa la possibilità di accettare incarichi contro l’ex cliente

1.  Fatto e quesito

Un avvocato si è rivolto a questo Consiglio esponendo il seguente caso.

Alcuni anni dopo aver espletato in favore di una società con sede all’estero alcuni incarichi professionali ha svolto attività professionale nei confronti di un dipendente dell’anzidetta società, avente ad oggetto questioni private del medesimo non connesse alla società.

Successivamente la società estera ha chiesto nuovamente assistenza al medesimo avvocato, il quale, dopo aver formulato il suo preventivo per l’attività in quel momento prospettabile, non ha ricevuto alcun incarico e dunque non ha solto attività.

A meno di due anni di distanza dall’ultima richiesta della società estera l’avvocato viene contattato dallo stesso dipendente della stessa società, il quale è stato licenziato e chiede di essere assistito per impugnare il licenziamento. L’avvocato chiede se vi siano profili di rilievo deontologico nella eventuale accettazione dell’incarico dal dipendente della società estera.

2.  Risposta al quesito

L’art. 68 del codice deontologico forense (“c.d.f.”), stabilisce che:

“1. L’avvocato può assumere un incarico professionale contro una parte già assistita solo quando sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale.

2. L’avvocato non deve assumere un incarico professionale contro una parte già assistita quando l’oggetto del nuovo incarico non sia estraneo a quello espletato in precedenza.

3. In ogni caso, è fatto divieto all’avvocato di utilizzare notizie acquisite in ragione del rapporto già esaurito.

4. L’avvocato che abbia assistito congiuntamente coniugi o conviventi in controversie di natura familiare deve sempre astenersi dal prestare la propria assistenza in favore di uno di essi in controversie successive tra i medesimi.

5. (…).

6. La violazione dei divieti di cui al comma 1 e 4 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi. La violazione dei doveri e divieti di cui ai commi 2, 3 e 5 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni.”.

Come risulta dalla norma, l’avvocato può assumere un mandato contro un ex cliente solo a tre condizioni:

1.   devono essere trascorsi almeno due anni dalla cessazione dell’incarico conferito dall’ex cliente;

2.    il nuovo mandato non deve essere collegato per l’oggetto alla controversia per la quale era stato conferito il mandato precedente;

3.   nell’agire contro l’ex cliente l’avvocato non deve utilizzare le informazioni di cui è venuto a conoscenza in occasione dell’espletamento del precedente mandato.

In questo senso la sentenza n. 142 del 17 luglio 2021, il CNF ha stabilito che: “il precetto deontologico di cui all’art. 68 cdf (già art. 51 codice previgente) non consente all’avvocato di assumere incarichi contro ex clienti, a meno che sia decorso un ragionevole periodo di tempo, l’oggetto del nuovo incarico sia estraneo a quello espletato in precedenza e non vi sia possibilità, per il professionista, di utilizzare notizie precedentemente acquisite”, la quale ha anche stabilito (ma non sembra essere questo il caso) che “(…) pur quando non ricorrano nella fattispecie tutte le condizioni innanzi richiamate, il rigido tenore della predetta norma può ritenersi superato allorché il soggetto – alla cui tutela la norma è in parte orientata -, autorizzando espressamente il professionista a non tener conto del divieto, lo libera dal vincolo deontologico impostogli dal precetto”  (in senso conforme CNF sentenza n. 123 del 16 ottobre 2018).

Con riferimento alla questione del se possa considerarsi contratto di patrocinio la semplice richiesta di disponibilità che non sia stata seguita dal conferimento di un incarico, si ricorda che la Corte di Cassazione, con riferimento alla distinzione fra procura e contratto di patrocinio, ha, in più occasioni, stabilito quanto segue: “(…) Il mandato sostanziale, invece, «[…]costituisce un negozio bilaterale (cosiddetto contratto di patrocinio) con il quale il professionista viene incaricato, secondo lo schema negoziale che è proprio del mandato, di svolgere la sua opera professionale in favore della parte. Ne consegue che, ai fini della conclusione del contratto di patrocinio, non è indispensabile il rilascio di una procura ad litem, essendo questa necessaria solo per lo svolgimento dell’attività processuale […]»” (Cass. 10454/2002; Cass. 18450/2014; Cass. 13927/2015; Cass. 20865/2019).

Si deve ritenere pertanto che, anche in assenza di procura, solo nel caso in cui il rapporto con il cliente abbia le caratteristiche del conferimento del mandato in senso sostanziale esso possa ricadere nel divieto posto dall’art. 68 c.d.f. Diversamente, qualora il contatto con il cliente sia stato soltanto esplorativo e non possa essere interpretato come la stipulazione di un contratto di patrocinio, l’avvocato non incorre nel divieto di agire contro l’ex cliente qualora siano verificate le condizioni esimenti di cui all’art. 68 c.d.f.

3.  Conclusioni

Non incorre nei divieti previsti dall’art. 68 c.d.f. l’avvocato che accetti un mandato difensivo contro l’ex cliente, qualora il contatto esplorativo avvenuto con l’ex cliente per l’eventuale conferimento di un nuovo incarico professionale non integri gli estremi del conferimento di un ‘mandato sostanziale’ secondo quanto stabilito dalla giurisprudenza della Suprema Corte e siano verificate tutte le condizioni stabilite dall’art. 68 c.d.f. che consentono all’avvocato di agire contro l’ex cliente

Ci corre infine l’obbligo di precisare che:

– con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense “il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine;

– ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quali esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo;

– pertanto, è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione di comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio.