1. Quesito
E’ pervenuta al Consiglio la seguente richiesta di parere: “Oltre sei anni fa ho assistito un signore nella procedura di adozione della figlia maggiorenne della moglie.
Oggi la moglie mi chiede di avviare la pratica di separazione giudiziale nei confronti dell’adottante.
Sarei quindi a richiedere cortesemente se l’accettazione del nuovo incarico è da considerarsi perfettamente compatibile con l’articolo 68 del codice deontologico”.
2. Norme applicabili
Viene in rilievo l’art. art. 68 del Codice deontologico forense (c.d.f.), il quale stabilisce che:
“1. L’avvocato può assumere un incarico professionale contro una parte già assistita solo quando sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale.
2. L’avvocato non deve assumere un incarico professionale contro una parte già assistita quando l’oggetto del nuovo incarico non sia estraneo a quello espletato in precedenza.
3. In ogni caso, è fatto divieto all’avvocato di utilizzare notizie acquisite in ragione del rapporto già esaurito.
4. L’avvocato che abbia assistito congiuntamente coniugi o conviventi in controversie di natura familiare deve sempre astenersi dal prestare la propria assistenza in favore di uno di essi in controversie successive tra i medesimi.
5. L’avvocato che abbia assistito il minore in controversie familiari deve sempre astenersi dal prestare la propria assistenza in favore di uno dei genitori in successive controversie aventi la medesima natura, e viceversa.
6. La violazione dei divieti di cui al comma 1 e 4 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi. La violazione dei doveri e divieti di cui ai commi 2, 3 e 5 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni.”
Come risulta dalla norma, l’avvocato che abbia assistito congiuntamente i coniugi o conviventi in controversie di natura familiare deve sempre astenersi dal prestare la propria assistenza in favore di uno dei due. La norma non specifica cosa debba intendersi per “controversie di natura familiare”, né vi è giurisprudenza che indichi se l’assistenza in materia di adozione possa ritenersi tale.
3. Risposta al quesito
Il Consiglio ritiene che l’assistenza ai coniugi per l’adozione da parte di uno dei due del figlio dell’altro rientri nella definizione di “questione attinente alla materia familiare”. Non è chiaro tuttavia se la trattazione della medesima questione possa definirsi “controversia” ai sensi della norma in questione. Essendo infatti necessaria la partecipazione concorde del genitore naturale, dell’adottando e dell’adottato al procedimento di adozione del maggiorenne, non si può dire che sulla questione vi sia stato dissidio, o controversia, fra le parti. Vi è stato invece un mandato all’avvocato per l’assistenza legale.
Il CNF, anche da ultimo, ha stabilito che “l’avvocato non può né deve assumere un incarico professionale contro una parte già assistita (art. 68 cdf, già art. 51 codice previgente), se non dopo il decorso di almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale (comma 1), ma anche dopo tale termine deve comunque astenersi dall’utilizzare notizie acquisite in ragione del rapporto già esaurito (comma 3). Peraltro, il divieto de quo non è soggetto ad alcun limite temporale se l’oggetto del nuovo incarico non sia estraneo a quello espletato in precedenza (comma 2), ovvero quando dovesse assistere un coniuge o convivente more uxorio contro l’altro dopo averli assistiti congiuntamente in controversie di natura familiare (comma 4), ovvero ancora quando abbia assistito il minore in controversie familiari e poi dovesse assistere uno dei genitori in successive controversie aventi la medesima natura o viceversa (comma 4)” (CNF sentenza n. 165 del 25 luglio 2023).
Il procedimento di adozione non pare poter rientrare nell’ambito delle “controversie” di natura familiare. Spetta tuttavia all’avvocato, che meglio conosce il contesto nel quale in precedenza egli ha operato, valutare l’opportunità di assumere il mandato dal coniuge dell’ex cliente per il procedimento di separazione.
Ciò detto circa il quesito, ci corre infine l’obbligo di precisare che:
– con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense “il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine;
– ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quali esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo;
– pertanto, è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione di comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio.