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Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

parere

Avvocato: il legale che ha assistito una parte nella separazione giudiziale può assisterle entrambe nel divorzio consensuale

       1. Quesito.

Un avvocato ha chiesto a questo Consiglio se può assistere entrambi i coniugi per un procedimento di scioglimento del matrimonio, dopo essere stato difensore del solo marito nell’ambito di un giudizio di separazione giudiziale, poi trasformato in consensuale

        2. Norme rilevanti e giurisprudenza.

Viene in rilievo l’art. art. 68 “Assunzione di incarichi contro una parte già assistita” del Codice deontologico forense (c.d.f.)

Stabilisce l’art 68 del c.d.f. che:

“1. L’avvocato può assumere un incarico professionale contro una parte già assistita solo quando sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale.

2. L’avvocato non deve assumere un incarico professionale contro una parte già assistita quando l’oggetto del nuovo incarico non sia estraneo a quello espletato in precedenza.

3. In ogni caso, è fatto divieto all’avvocato di utilizzare notizie acquisite in ragione del rapporto già esaurito.

4. L’avvocato che abbia assistito congiuntamente coniugi o conviventi in controversie di natura familiare deve sempre astenersi dal prestare la propria assistenza in favore di uno di essi in controversie successive tra i medesimi.

5. L’avvocato che abbia assistito il minore in controversie familiari deve sempre astenersi dal prestare la propria assistenza in favore di uno dei genitori in successive controversie aventi la medesima natura, e viceversa.

6. La violazione dei divieti di cui al comma 1 e 4 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi. La violazione dei doveri e divieti di cui ai commi 2, 3 e 5 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni.”

La norma in questione vuole evitare che l’avvocato assuma incarichi contro l’ex cliente a meno che non sia trascorso un biennio dalla cessazione dell’incarico professionale.

Il divieto di assistere un coniuge contro l’altro dopo averli assistiti entrambi è infatti principio più volte richiamato dal C.N.F.: “L’art. 51, can. I, C.D.F. (ora, art. 68 ncdf) vieta al professionista, che abbia congiuntamente assistito i coniugi in controversie familiari, di assumere successivamente il mandato per la rappresentanza di uno di essi contro l’altro. Tale previsione costituisce una forma di tutela anticipata al mero pericolo derivante anche dalla sola teorica possibilità di conflitto d’interessi, non richiedendosi specificatamente l’utilizzo di conoscenze ottenute in ragione della precedente congiunta assistenza; pertanto, la norma de qua non richiede che si sia espletata attività defensionale o anche di rappresentanza, ma si limita a circoscrivere l’attività nella più ampia definizione di assistenza, per l’integrazione della quale non è richiesto lo svolgimento di attività di difesa e rappresentanza essendo sufficiente che il professionista abbia semplicemente svolto attività diretta a creare l’incontro delle volontà seppure su un unico punto degli accordi di separazione o divorzio”. (cfr. C.N.F. sentenza n. 19 del 20 febbraio 2016,)

Nel caso in esame, non sembrano però sussistere i presupposti del divieto del comma 4 dell’art 68 c.d.f. poiché trattasi di ipotesi opposta da quella prevista dalla norma.

Pertanto non è sussumibile nella fattispecie astratta poiché non vi è alcuna possibilità di conflitto di interessi, né quella di utilizzare conoscenze ottenute in ragione del proprio precedente incarico.

Nel caso in esame sono gli stessi coniugi a rivolgersi al medesimo avvocato al fine di farsi assistere nella procedura di scioglimento consensuale del matrimonio. Ciò presuppone che tra loro ci sia la volontà di un accordo senza conflitto alcuno.

Caso diverso sarebbe quello in cui uno dei due coniugi decidesse di non aderire più all’accordo. L’avvocato allora non potrebbe più assistere né l’uno né l’altro coniuge e dovrebbe necessariamente rinunciare al mandato difensivo.

        3. Conclusioni.   

In riferimento allo specifico quesito formulato, si ritiene che al caso sottoposto al Consiglio non si applichi il divieto di cui  l’art. 68 del c.d.f. , in particolare quello di cui al punto 4), trattandosi di fattispecie non prevista dallo stesso.

E’ da evidenziare la volontà di entrambi i coniugi di rivolgersi al medesimo avvocato e ciò presuppone il consenso del precedente assistito.

Nel caso in cui, tuttavia, le parti rinunciassero alla procedura di scioglimento consensuale del matrimonio l’avvocato dovrebbe rimettere il mandato non potendo più assistere uno solo dei due coniugi, rientrando il caso, a quel punto, nel divieto di cui all’art. 68, punto 4 c.d.f.

Ciò detto circa il quesito, ci corre infine l’obbligo di precisare che:

– con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense “il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine;

– ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quali esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo;

– pertanto, è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione di comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio.